Ergife hotel , luogo a noto della politica nazionale e romana, come quest’ultima labirintico. Se fosse una partita, il campo scelto potrebbe definirsi pesante, paludoso. Ma la squadra completamente rinnovata e, a prima vista, tribune zeppe di tante facce giovani lasciano ben sperare.
La certezza arriva quando parte il video youdem; flash di una campagna elettorale, di tante piazze italiane, di tanti candidati/e, cittadine/i. Musica, colori, facce di un Pd che affronta la sfida di corsa. E stavolta taglia il traguardo primo, con un distacco che non lascia dubbi. Poi arriva al palco il segretario Matteo Renzi e lo saluta un applauso vero e convinto. Inno nazionale, in piedi. Si inizia e non c’è spazio per celebrarsi. Abbiamo vinto, punto. Come direbbe Totò “è la somma che fa il totale “. E questa somma non lascia spazio a conclusioni diverse, comprese le sconfitte, che pure qualcosa insegnano e dovremo vedere.
Poi comincia l ‘effetto speciale, che è tale perché passa con decisione sulle cose da fare. In altre stagioni, altri dirigenti avrebbero arzigogolato all’infinito su uno zero virgola in più, e poco c’è mancato che lo facessimo sulle “non sconfitte”. Qui, siamo certo contenti, ma non si festeggia. I voti sono arrivati perché si facciano fatti e cambiamenti. E allora al lavoro. La pubblica amministrazione, i giovani e il lavoro, la giustizia, la Rai, il fisco, una nuova Europa. Le cose già avviate, senza tentennamenti, superando ideologismi e rendite di posizione.
Non fa in tempo a motivare questa agenda da “rivoluzione” più che da riforma che Renzi lancia il grande tema della scuola, del sapere, di una grande campagna di azioni che ridia all’educazione il riconoscimento e la funzione centrale nel futuro del Paese. Insomma, sottolineando che la funzione politica, compresa la sua, deve avere un termine certo (non ci si può cullare sugli allori). Nella politica italiana, per lo meno degli ultimi anni, questa visione è davvero l’effetto speciale. Un effetto che serve al Paese e che il Paese consegna a questo partito guidato da Matteo Renzi. Non è previsto vivacchiare, né arretrare . Poi la questione del giorno, ovvero quella dei senatori autosospesi. Alza un po’ il tono e scandisce che il Pd non espelle nessuno, ma nemmeno si fa fermare nel guidare una revisione del bicameralismo “perfetto”, che già i costituenti non volevano così. Messaggio limpido: basta coi rinvii, si va avanti dritti.
Balzo in piedi, io e quasi tutta l ‘assemblea, per un applauso di consenso netto e incondizionato. Così è l’uomo: chiaro, diretto, deciso nelle posizioni. E i delegati apprezzano con entusiasmo. Commento breve del mio vicino: “Non ce n’è per nessuno: chiusa”. Poi chiede la conferma alla vicesegreteria per la Serracchiani e Guerrini. Poi propone Matteo Orfini per la presidenza, per la minoranza. Ed è proprio dalla minoranza che arrivano i pochi voti contrari. Casomai qualcuno avesse dubbi sul fatto di essere all’assemblea del Pd.
Inizia la sequenza degli interventi: apprezzo particolarmente Fassino. Riflette sull’esigenza di avere un partito in sintonia – nelle pratiche diffuse e nei territori – col nuovo profilo. Insomma mette in guardia dal rischio “riformismo dall’alto”. Renzi è in sintonia colle nuove domande che emergono dal Paese, ora deve diventarlo fino in fondo anche il partito che guida. Attraversa la sala Peppino Fioroni, a suo agio e affabile come un prelato dispensatore di benevoli moniti. Mi passa avanti e ci salutiamo. Continuano gli interventi più o meno interessanti. Qualcuno ha qualcosa da dire, qualcuno solo farsi vedere. Prende la parola Walter Tocci, seguito con molta attenzione. Fa una rivendicazione orgogliosa di un dissenso profondo sul progetto più ampio di riforma costituzionale. La questione, è chiaro, va ben oltre le regole di vita democratica interna e nel Parlamento. Raccoglie una minoritaria, ma molto calorosa manifestazione di consenso. Acquisito agli atti il dissenso, si va verso le conclusioni con una assemblea che sta col segretario. Si procede quindi, senza ripensamenti; e intanto, proprio perché non si perde tempo, lunedì ci sarà il decreto che libera gli investimenti sugli edifici scolastici dal patto di stabilità interno e pubblicata anche la graduatoria degli interventi a carico del governo.
Mi viene da pensare se a Viterbo abbiamo colto l’opportunità. Alle 16 si chiude. Il tempo di rientrare per tutti (stanotte gioca l ‘Italia). Altro inno e poi adesso mi sa che forza Italia lo possiamo buttar là senza tanti turbamenti (chiamiamoli così) mentali. Con la speranza che anche l ‘altro Mister dai lusinghieri trascorsi fiorentini ci porti bene.