Piani integrati, atto quarto. Dopo la retromarcia ingranata in commissione dall’assessore all’Urbanistica Alvaro Ricci, dopo la rampognata dell’opposizione, per bocca di Gianmaria Santucci (“Stanno a fa’ il fumo con la manovella: bocciando in blocco i piani già presentati si rischia di creare un gran caos”), dopo l’intervento del presidente di Unindustria Merlani (“Il Comune deve parlare anche con noi”), il dibattito prosegue. E l’intervento di Francesco Serra, capogruppo Pd in consiglio comunale, dovrebbe essere utile per entrare in profondità nei ragionamenti di palazzo dei Priori sullo sviluppo della città negli anni a venire. Perché finora il pensiero non è che sia stato espresso in maniera chiarissima, ecco.
“Eppure, la nostra idea è semplice – spiega Serra – Vorremo coniugare tutto quello che si può coniugare per arrivare ad uno sviluppo controllato. Che non è un ossimoro ma è il giusto punto d’incontro tra la necessità, direi vitale della città di avere nuove opere pubbliche, la volontà di aiutare la ripresa economica di un settore chiave come l’edilizia, ma anche l’intenzione di stabilire un criterio di crescita urbana. Senza andare a toccare le aree agricole, che è un concetto fondamentale, e cercando un equilibrio virtuoso, sempre nell’interesse dell’opera pubblica e delle pubbliche esigenze, in quelle zone dove non si potrebbe realizzare edilizia residenziale. Insomma: dieci opere pubbliche realizzate non significano decine e decine di nuovi metri cubi concessi in cambio ai privati”.
Questo in effetti l’aspetto che più preoccupa. Perché quando si parla di mettere mano all’urbanistica, a Viterbo come in qualsiasi altra parte del mondo, viene su un brivido su quello che potrebbe succedere. Incubi di cemento, con annessi e connessi della peggior specie. Su questo punto Serra è categorico: “Non intendiamo certo dare una cambiale in bianco valida per i prossimi trent’anni – dice il democratico di rito renziano – dobbiamo cercare la massima condivisione in questo passaggio, visto che oggi governiamo noi, domani chissà. E lo stesso varrà per chi si troverà nella stanza dei bottoni in futuro: perciò serve un’idea condivisa e soprattutto chiara su come pensiamo la crescita di questa città”.
Peccato però – e qui torniamo al motivo del contendere – che la prima delibera elaborata da Ricci e ritirata in un battito d’ali di farfalla, non fosse il massimo della comprensibilità. E che anzi abbia creato parecchi dubbi (eufemismo) sia nella maggioranza sia nella minoranza, specialmente nella parte amministrativa, che prevede la bocciatura dei piani integrati già presenti (oltre venti: sono del 2005) perché ritenuti “superati” dalla nuova concezione di città immaginata dall’amministrazione Michelini.
Un punto caldissimo, contestato in commissione e al momento aggirato con la divisione in due della delibera: una prima parte con le linee guida dello sviluppo, una seconda, successiva, con la bocciatura dei piani. Serra è sincero: “Credo che Alvaro stia dicendo le stesse cose che dicevamo quando eravamo all’opposizione, in questo ci vedo solo coerenza e non penso che nel Pd ci sia qualcuno che la pensi diversamente. Voglio sottolineare la possibilità di scelta e programmazione dell’amministrazione sulle opere pubbliche da fare, un aspetto che prima non c’era e che ha portato a tanti obbrobri edilizi e stilistici. Questa è una rivoluzione. Poi c’è l’individuazione delle aree dove intervenire, e quindi la valutazione di quanto si possa fare in proporzione con le strutture pubbliche”.
Resta il fatto che quella prima delibera non fosse certo lapalissiana: “La vedo come una questione amministrativa – replica Serra – che abbiamo risolto grazie al contributo del consigliere Tofani e della minoranza. Abbiamo chiarito che servivano due delibere e così faremo”. Già, ma i contributi di un esponente di Oltre le mura, in passato amministratore col centrodestra, e dello stesso centrodestra, sono o non sono anche una questione politica, oltre che amministrativa?