Per chi non se ne fosse accorto – o per chi, fortunato, non è toccato tanto dalla questione – ieri è stato il giorno del giudizio. Tutti condannati. A pagare, certo. A pagare quelle tasse che scadevano proprio ieri, da quest’anno affastellate una sull’altra sotto la sigla Iuc, che non è una sciocca esclamazione del Pippo disneyano, ma l’acronimo di Imposta unica comunale e che racchiude in sé Imu (tassa sugli immobili), Tasi (sui beni indivisibili) e Tari (sui rifiuti) .
A parte le code agli uffici di riscossione (per esempio le Poste), a parte le fatiche per raggranellare la somma dovuta, c’è da registrare la rabbia dell’ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili. A livello nazionale così come a livello locale, dove il presidente viterbese, Marco Santoni, non ci va certo leggero: “Non è più tollerabile che il contribuente che voglia adempiere puntualmente alle sue obbligazioni tributarie debba conoscere l’importo delle imposte dovute solo il giorno prima, se non addirittura lo stesso giorno della scadenza”, dice il presidente.
Perché innanzitutto è una difficoltà operativa per gli stessi professionisti, alle prese con l’applicazione delle nuove norme previste dalla legge di stabilità del 2014. Difficoltà che potrebbero costringere i contribuenti a non poter rispettare la scadenza, e dunque ad andare incontro a maggiorazioni o multe. Senza dimenticare che lo slittamento della Tasi al 16 ottobre per alcuni comuni (come per esempio Viterbo) “crea una ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti – come dicono dall’ordine – Alcuni proprietari di immobili nei prossimi giorni dovranno sostenere un esborso finanziario per l’acconto Tasi, altri, a parità di patrimonio immobiliare, potranno affrontare l’esborso ben quattro mesi dopo”. Con una beffa aggiuntiva: chi non può pagare il 16 giugno, magari perché non ha materialmente soldi, andrà comunque in contravvenzione, anche se in altri comuni italiani il termine di legge è il 16 ottobre. Paradossi assurdi, in un economia straziata, anche a livello piccolo e famigliare.
Così sono ore di lavoro frenetico per i commercialisti e per i contabili, “ad oltranza”, addirittura, come sottolineano, per cercare di far rientrare i clienti delle scadenze. Con conteggi – altra assurdità – fatti a mano, “visto che non esistono software, programmi per computer, che riescano a recepire tutte le delibere che ogni singolo comune ha adottato per quantificare la Iuc”. Come dire: l’immaginazione degli amministratori italici ha battuto persino gli algoritmi informatici… Un record di cui (non) andare fieri.
La conclusione dell’ordine dei commercialisti e revisori contabili è amarissima, di quell’amaro che non aiuta la digestione, ma semmai fa venire l’ulcera: “Ci si potrebbe domandare quale sia la valutazione degli investitori esteri, abituati alla certezza delle norme e delle modalità, abituati a ricevere nel loro Paese la dichiarazione dei redditi precompilata al proprio indirizzo. Cosa penseranno di fronte al caos italiano, se per caso avessero acquistato immobili in diverse regioni del Bel Paese?” Già, cosa penseranno? Meglio non saperlo, per carità di patria.