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“Lo studio è un diritto per tutti”

Il ministro Giannini all'università della Tuscia

Il ministro Giannini all’università della Tuscia

Mica male una conferenza stampa nel tempio del sapere locale (Unitus, Santa Maria in gradi) che attacca col seguente messaggio: “Pazientate ancora qualche istanto”. Con la “O”. Tipo Martufello. Comunque, qualche istanto un cavolo. La protagonista si fa viva dopo un’ora dall’appello. Lei, la Stefania Giannini. Linguista, glottologa, ritardataria e politica. Attualmente alle dipendenze del premier Renzi come ministro dell’Istruzione, università (appunto) e ricerca.

La sua visita di cortesia a Viterbo tira senza ombra di dubbio molto meno rispetto a quella del collega Franceschini. Tante sedie vuote. Meno forze dell’ordine. E nessun abbondante buffet come a Villa Lante. Tié.

Il fine della riunione però è comunque nobile. E questo non si discute. Al massimo si potrebbe parlare dell’alta uniforme indossata dal magnifico rettore Ruggieri. Quell’ermellino parcheggiato sulla spalla, con quaranta gradi all’ombra, stona non poco. Ma così vuol la storia. Almeno, così dicono.

L’incipit è suo. Pertanto ci sarebbe da dimenticarsi le buone pratiche legate al breviario. “Il trend del polo è in crescita – questo il sunto molto sunto – più del 50 percento dei ragazzi arriva da fuori provincia. Sedici sono i corsi attivi. E il punto di forza dell’ateneo è l’attenzione rivolta agli iscritti”. Applauso. E palla alla ministra.

“Sono felicissima di essere qui – chiarisce con un impostazione vocale che ricorda molto la Guzzanti quando imita Berlusconi – Premio con piacere i migliori studenti. Grazie per l’invito”. Seguono due battute di propaganda, che ci stanno sempre bene. “Faccio

La platea affollata

La platea affollata

  parte di un governo garbatamente rivoluzionario – prosegue – scuola, istruzione e ricerca sono i capisaldi dei programmi. Vorremmo anche riscrivere il sistema interno. Snellirlo. Lo studio è un diritto, un riscatto morale”. Si tocca poi il dramma degli idonei senza borsa. Che sono, in sintesi, coloro i quali si meriterebbero di studiare gratis. Ma il portafogli piange, e quindi pagano. E su ciò il rimprovero costruttivo è diretto ai tre moschettieri. “Che ci aiutino pure le Regioni”, taglia corto. Annuiscono a tempo Valentini, Panunzi e Sabatini.

Il dibattito si conclude con la consegna di dodici diplomi. Dovrebbero essere tredici (uno per corso), ma c’è un tipo che sta all’estero. Quindi non becca nulla. Il criterio di assegnazione delle certificazioni è semplice. Vengono scelti i ragazzi col voto più alto, preso nel minor tempo possibile. Tipo Giochi senza frontiere. Trois, deux, un. Fischio alla Gennaro Olivieri o alla Guido Pancaldi. Foto di rito. Ed è già tempo di correre in Comune per ulteriori chiacchiere.

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