Più che un Corsaro che va all’arrembaggio, in questo momento Alvaro Ricci è costretto a giocare in difesa. Non che abbia alzato bandiera bianca (del resto non sarebbe da lui, giacché l’uomo – e chi lo conosce lo sa – è piuttosto tignoso), convinto com’è che le sue linee di principio siano inattaccabili (e questo, a onor del vero, gli è stato riconosciuto un po’ da tutti), ma ha deciso di stare per un po’ sott’acqua in attesa di mettere a punto quella strategia che prima o poi dovrebbe fargli tagliare l’agognato traguardo.
L’argomento, per chi non lo avesse ancora intuito, sono questi benedetti piani integrati che dovrebbero consentire alla città, o a una parte di essa, di cambiare volto migliorando le infrastrutture esistenti. Ovviamente con la compartecipazione dei privati, giacché nel pubblico ormai è di moda il ritornello “bambole, non c’è una lira”, divenuta una vera e propria cantilena da ripetere in ogni occasione.
Detto questo, mentre la politica discute (e di questo ne abbiamo parlato nei giorni scorsi) gli imprenditori stanno alla finestra cercando di capire cosa li aspetta.
Domenico Merlani, number one dell’imprenditoria viterbese in quanto presidente di Unindustria e Ance, schiva le polemiche e sta saldamente con i piedi per terra. “Finora ho sentito solo tante chiacchiere e ho letto molti articoli suoi giornali, ma di concreto non ho visto nulla. Quando ci troveremo di fronte a fatti concreti daremo il nostro giudizio. Ora mi sembra prematuro”.
Una critica all’Alvaro piuttosto Corsaro però, Merlani la butta subito là. “I piani integrati – dice – sono una forma di partenariato tra pubblico e privato. Tu Comune mi fai edificare e io privato, in cambio, contribuisco alla realizzazione di un’opera pubblica. Ma questo percorso andrebbe in un certo qual modo concordato tra chi detta le linee guida e chi deve investire. Invece, fino a oggi, tra Comune e imprenditori non c’è stato nessun contatto. Quindi, rischiamo di parlare del nulla”.
Già, fino a ieri la discussione s’è svolta – e non senza ostacoli – solo e unicamente dal punto di vista politico. Col ritiro della delibera originaria in commissione e l’impegno, da parte dell’assessore, di elaborarne altre due, distinte e separate: la prima contenente i massimi principi, la seconda che dovrebbe affrontare “la ciccia” (tra cui l’azzeramento dei 24 piani integrati giacenti nei cassetti di palazzo dei Priori dal 2005).
Dice Merlani: “Così però si rischia di gettar via il bambino insieme all’acqua sporca. Dal momento che in ciò che è stato già presentato potrebbe anche esserci un’opera veramente utile alla collettività. Forse, prima di prendere una simile decisione, sarebbe bene fare un qualche approfondimento”.
E ancora: “Anche perché fino a ieri – prosegue Merlani – non è che il Comune si sia distinto per aver dato indicazioni più o meno precise su ciò che andava fatto. Insomma, sono mancate le linee guida e i privati, negli anni addietro, hanno compensato questa carenza. Magari, investendoci sopra. Fare tabula rasa potrebbe anche essere una mancanza di rispetto per chi ha investito”.
Poi il presidente di Unindustria prende di petto l’argomento forse più determinante di tutta la questione: “C’è il rischio – dice ancora – di discutere chissà quanto tempo sulle linee guida, senza affrontare la fattibilità dei singoli progetti e, soprattutto, la loro economicità. Giacché è chiaro che se un progetto per il privato non ha un minimo di vantaggio economico, quel progetto resta fermo nella mente di chi l’ha ideato, ma non sarà mai realizzato”.
E allora? Cosa fare? Merlani, che oltre a fare l’imprenditore comincia a sentir l’odore di cariche istituzionali, la butta – sicuramente a ragione – sull’ecumenismo. “Ritengo che col Comune ci si debba parlare, che si debba mettere in piedi un percorso condiviso in cui ognuno mantenga il suo ruolo, ma che alla fine consenta di raggiungere l’obiettivo. E’ l’unico modo intelligente per andare avanti. Tutto il resto è noia”.
Già, lo diceva pure Califano.