E’ tutto vero, tranquilli. Non è stato un sogno di una notte di finta estate, quel tiro e quel canestro, quella bolgia romana e quella carovana fino alla balena bianca del PalaMalè, e poi dentro la sua pancia. Non era finto, quel sudore, ma vero, come non erano false quelle lacrime, e quelle grida, e quei balli forsennati. Era il ballo della vittoria, la Ilco Stella Azzurra in serie B: signori si scende, siamo arrivati a destinazione.
Non era un’allucinazione, un trip di quelli buoni. E lo si capisce oggi in questo bar della rinnovata via Genova, deserta per il caldo ma con un’enclave di felicità: la conferenza della Stella Azzurra per fare il punto tre giorni dopo il capolavoro, notizie poche – e si sapeva – ma forse unico modo possibile, questo incontro, per rendersi conto che sì, è tutto meravigliosamente vero. Così come sono vere le parole commosse del presidente Fabio Bernini, uno che per lavoro è abituato a ragionare, ma che oggi è alle prese con la gestione delle emozioni. E fa fatica. “Capiteci: alcuni di noi dirigenti stanno qui da vent’anni. Facevamo le riunioni al Cral della Cassa di Risparmio di Viterbo, era il 1993, e oggi siamo qui, a festeggiare la serie B. Una serie di emozioni incredibili, milleduecento persone per la seconda finale al PalaMalè, trecento a Roma per gara tre, la pagina Facebook che rischiava di esplodere, i messaggi di congratulazioni da tutta Italia. Una cosa così grande che ancora non riusciamo a capire, a normalizzare. E poi, questa è la vetrina, ma le soddisfazioni mica si fermano qui: abbiamo un settore giovanile vivo e vincente, dagli under 17 ai 19 elite, gli under 15, i 2000 alle finali regionali. Gli sponsor, che sono vitali, a partire da Piero Camilli ma senza dimenticare tutti gli altri. Il lavoro oscuro dell’apparato, dei dirigenti. Abbiamo sempre predicato la politica dei piccoli passi, d’accordo, ma se poi le soddisfazioni sono queste, be’, c’è da rimanere spiazzati”.
E’ spiazzato anche Fausto Cipriani, che sarà pure identico spiccicato a Gigi Proietti, ma che con la sua timidezza, introspezione, del piglio da burbero, resta uno dei segreti più intricati del basket laziale. Lui qui aveva già vinto – due campionati con la Libertas -, poi era tornato con la Lazio, parentesi breve e sfigata, e quindi era stato richiamato dalla Fortitudo, anche qui mica troppo champagne. Quest’ultima esperienza, subentrato in panchina ad una giornata dai playoff, non può avergli scosso troppo l’esistenza – perché è lupo di mare, e duro – ma qualcosa gli ha fatto. E si vede, nel rossore dei suoi occhi, e si sente, quando la voce gli s’increspa: “Siamo cambiati, siamo diventati una cosa bella e grande e unita. Non è solo la finale che va raccontata, ma quello che ci è successo come squadra. Abbiamo preso i playoff con umiltà: non era facile la prima con Valmontone né la seconda con Cagliari: le abbiamo superate, abbiamo messo adrenalina e cervello dentro di noi, e li abbiamo liberati in finale con la Luiss, comprendendo perfettamente quello che ci stava succedendo. Da gara uno, a gara due, dove nello spogliatoio ho scritto su quella lavagna traballante una sola parola: convinti. Diceva tutto. E poi gara tre, certo”.
Qui la parentesi è d’obbligo, e a raccontarla viene i brividi. La serie di finale si sarebbe dovuta giocare una settimana prima, a fine maggio. Ma la Luiss aveva un giocatore, Smorto, impegnato con la squadra giovanile per altre finali. Si concorda lo spostamento, che la Ilco concede, perché intanto spera di recuperare Tommaso Rossetti, che una mano incasinata. Rossetti recupera, prendendosi i suoi rischi, ed è da quella mano, a cinque secondi dalla fine della partita senza ritorno, con la Luiss avanti di due punti, che parte il tiro da tre del ribaltone stellino. La tripla del trionfo: quando le coincidenze diventano epica pura. “Ma attenzione – ammonisce Faustino – Quel tiro ce lo siamo cercato, altro che fortuna. Ho chiesto ai ragazzi nel time out: vogliamo giocare da due punti per andare ai supplementari o cerchiamo la bomba per vincere? Nessuno ha avuto dubbi, è andata come è andata”.
Un altro che non si è ancora ripreso è Valerio Giganti, la torre di Sipicciano, il capitano della brigata vincente, uno che quando era un giovane fenomeno si è fatto le ossa alla Montepaschi Siena, mica a Caprarola. “Non riesco a rendermi conto di quello che abbiamo fatto. Rivedo le foto, sento i commenti in giro: abbiamo compiuto un’impresa incredibile. E da capitano e viterbese mi fa un effetto straordinario”.
Si continua tra gli aneddoti e i caffé, di programmi ancora non si parla (“Ma di sicuro siamo noi la realtà aggregante del basket provinciale: chi è interessato ci chiami…”, dice Bernini), la gioia pura del direttore sportivo Fabrizio Gatti, uno che la serie B la conquistò 35 anni fa con la Garbini, la razionalità del vicepresidente Meroi. Che annuncia per giovedì 19 la premiazione dei campioni da parte del Comune (in sala del consiglio provinciale), e poi, in serata, la festa per tutti in piazza Unità d’Italia. E ci vediamo lì, perché l’esultanza continua.