Doveva essere un semplice aperitivo per festeggiare il successo di Enrico Gasbarra, neo parlamentare europeo del nome del Pd targato Matteo Renzi. Un incontro tra i soliti amici (un bel gruppone, non c’è che dire), riunitosi per l’occasione nel solito hotel di San Martino al Cimino con tante strette di mano, baci, abbracci (e chi più ne ha più ne metta) con il Beppe da Pianoscarano a farla da padrone. Sempre più venerato dai suoi aficionados che ormai pendono in tutto e per tutto dalle sue labbra, riconoscendogli le innate doti di condottiero.
Doveva essere una festa insomma, con Enrico Gasbarra che avrà ripetuto una ventina di volte la parola “grazie” per le 7.000 preferenze raggranellate a nord del Tevere e con un sindaco Michelini che ha orgogliosamente rivendicato di essere stato il precursore di questo Pd che, aprendosi alla gente e al territorio, è riuscito finalmente a scrollarsi di dosso quell’etichetta di partito di sinistra che lo relegava stabilmente a percentuali abbondantemente sotto il 30 per cento.
Ma ci ha pensato l’onorevole nostro, gajardo e tosto, a mettere un po’ di peperoncino nell’aperitivo quando ha parlato di un Pd che finalmente non è più un partito chiuso, ma che è riuscito ad aprire porte e finestre per far entrare tanta altra gente in attesa di una proposta politica adeguata. Fioroni non ha peccato di presunzione: “Il 99 per cento del merito di questo successo – ha detto – è di Matteo Renzi, ma il partito è riuscito anche a costruire una squadra vincente con una proposta politica nuova, con messaggi che finalmente la gente riesce a comprendere. E per questo siamo stati premiati”.
Insomma, Fioroni (ma poi anche Enrico Gasbarra ha insistito molto sullo stesso ritornello) ha sottolineato più volte la differenza tra questo Pd, capace di raccogliere il consenso del 40 per cento dei votanti, e il vecchio partito, quello delle stanze chiuse, dei vecchi e consumati riti, delle sconfitte brucianti e addirittura umilianti. “Il Pd – ha aggiunto poi l’onorevole – è cambiato. Anche nella Tuscia. E adesso serve una classe dirigente adeguata al consenso che è stato ottenuto, in grado di dare le risposte che la gente si attende”.
Non si sa se ad Andrea Egidi e agli altri membri della segreteria provinciale (ma non solo a loro) siano fischiate le orecchie. Certo è che il messaggio, seppur formulato con la solita metodica democristiana dei tempi che furono (del resto Beppe Fioroni lì è nato, cresciuto e pasciuto), è stato criptico, ma non troppo. Giacché si presta a due interpretazioni. La prima: che Egidi e gli altri dell’ala sinistra facciano una full immersion di “renzianesimo” per adeguarsi ai tempi in men che non si dica. La seconda: che si cerchino un’altra occupazione (ma, con la crisi che morde, non è facile). Una terza via – perdoni il buon Enrico Berlinguer – stavolta sembra che non ci sia proprio.