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“Senza data di scadenza meno qualità”

Mauro Pacifici e Andrea Renna

Mauro Pacifici e Andrea Renna

E’ l’allarme del presidente e del direttore della Coldiretti di Viterbo, Mauro Pacifici e Andrea Renna, dopo la riunione dell’Unione Europea di lunedì scorso, per rivedere le norme sulle etichette di scadenza dei prodotti alimentari al fine di far sparire le scritte ”da consumarsi preferibilmente entro” dalle confezioni di prodotti come pasta, riso, caffè e formaggi duri. La commissione continentale sta preparando una comunicazione sulla sostenibilità del sistema alimentare, che verrà presentata a giugno per identificare le soluzioni atte a risolvere anche questo problema.
L’ipotesi di eliminazione della “data di scadenza” sarà dunque uno dei temi del semestre di presidenza italiana dell’Unione ed è solo l’ultimo esempio di come l’Unione Europea condiziona la vita quotidiana dei cittadini a partire dalla tavola. “C’è effettivamente il rischio che sotto il pressing delle lobby industriali si concretizzi – spiega il direttore Renna – il solito tentativo dei Paesi del Nord Europa di livellare il cibo sulle tavole europee ad uno standard di qualità inferiore al nostro con la scusa di tagliare gli sprechi alimentari”.
“Con l’eliminazione della data di scadenza l’Unione Europea taglia di fatto la qualità del cibo in vendita in Europa che con il passare del tempo perde le proprie caratteristiche nutrizionali in termini di contenuto in vitamine, antiossisidanti e polifenoli che – precisa il presidente Pacifici – fanno bene alla salute, ma anche quelle le proprietà organolettiche, di fragranza e sapore dal quale deriva il piacere di stare a tavola. La tentazione di mangiare cibi scaduti per non sprecare non può andare a scapito della qualità dell’alimentazione in una situazione in cui molti cittadini sono costretti a risparmiare sulla spesa privandosi di alimenti essenziali per la salute o rivolgendosi a prodotti a basso prezzo che non sempre offrono le stesse garanzie qualitative”. Inoltre – precisa la Coldiretti – il Termine Minimo di Conservazione (TMC) differisce dalla data di scadenza vera e propria che è la data entro cui il prodotto deve essere consumato ed anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Attualmente solo pochi alimenti hanno una scadenza prestabilita dalla legge come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni). Per tutti gli altri prodotti la durata viene stabilita autonomamente dagli stessi produttori, in base ad una serie di fattori che vanno dal trattamento tecnologico alla qualità delle materie prime, dal tipo di lavorazione e di conservazione per finire con l’imballaggio. Per questo, non è difficile, durante un controllo commerciale, vedere due prodotti simili, ma di marchio differente con data di scadenza diversa. E’ infatti compito di ogni singola azienda effettuare prove di laboratorio sui propri prodotti, per misurare la crescita microbica e valutare dopo quanti giorni i valori organolettici e nutrizionali cominciano a modificarsi in modo sostanziale. Il risultato è ad esempio che per l’olio d’oliva extra vergine alcune aziende consigliano il consumo entro 12 mesi, altre superano i 18, con il rischio di perdere le caratteristiche nutrizionali e di gusto.

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2   Commenti

  1. pascal91 ha detto:

    Caz.. fottuta spectre!!

  2. Luigi Tozzi ha detto:

    No si elimina la data di scadenza ma quella del “consumo preferibile”.
    Coldiretti fa al solito populismo.
    Vi ricordo che il Papa (loro sono cattolici ed hanno anche il prete in sede) ha detto recentemente;
    «Il cibo sprecato è cibo rubato ai poveri»

    Nel recente incontro che la Commissione UE ha fatto ai primi di maggio con tutti
    gli attori della filiera agro alimentare a cui ho partecipato nella delegazione del COPA COGECA, sono stati presentati dei dati molto interessanti sull’uso dei cibi che vanno oltre la data del “consumo preferibile”. Questa è la data entro cui il prodotto, a detta del suo
    fabbricante, è garantito per la sua freschezza, ma oltre il quale è ancora commestibile, perché igienicamente sicuro. Un esempio è quello del pane. Il pane del giorno dopo non è più fresco ma perfettamente utilizzabile per altri usi culinari (le bruschette per esempio, o le torte di pane).
    I dati presentati dal Banco Alimentare sull’uso del cibo “da consumarsi preferibilmente” sono impressionanti. Nel solo 2013 il Banco alimentare ha distribuito 1354 tonnellate di cibo. La Caritas di Roma ha servito nel solo 2013 più di 350mila pasti.

    Se quel cibo è utilizzabile per sfamare gli indigenti, perché non dovrebbe esserlo anche per chi non lo è?

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