Quelli che, in vista del voto per il parlamento europeo del 25 maggio più le amministrative di una manciata di Comune (ventisette), sono stati spediti dai vertici nazionali in terra di Tuscia per catechizzare le elettrici e gli elettori sui rispettivi programmi, intendimenti, obiettivi, non senza dimenticarsi di condire il tutto con una buona dosa d’insulti.
Quelli che sono Fratelli d’Italia e hanno invitato la segretaria nazionale Giorgia Meloni che ha ribadito “la sua contrarietà a un’Europa che pende dalle labbra della Germania e all’euro e il presidente del Consiglio Matteo Renzi non è altro che un facilone che cerca di far passare le sue idee come grandi rivoluzioni, senza portare alcun risultato concreto agli italiani”.
Quelli del Pd che si sono affidati a Simona Bonafé, una delle cinque capolista scelte da Renzi per guidare le truppe nelle cinque circoscrizioni elettorali italiane, che a Viterbo è tornata “volentieri, specie per rincontrare quegli amici con i quali abbiamo condiviso un percorso politico importante”, non tacendo una bacchettata a Belle Grillo, il leader di M5S che “avrebbe cambiato l’Italia e non lo ha fatto, anzi non ha votato nessuno dei nostri provvedimenti per il cambiamento. Adesso dice che rivolterà l’Europa: gli si può credere?”.
Quelli di Forza Italia che non hanno mancato di invitare Alessandra Mussolini, arrivata a Viterbo in ritardo (“ho il Tom Tom renziano, mi ha fatto sbagliare strada”), non ha voluto l’aperitivo (“sono astemia come mio padre, poi straparlo e allora sono fatti vostri”), pur idealmente brindando (“a Viterbo, a Forza Italia e al presidente Berlusconi che lo stanno massacrando, ma lui è forte”) e mandato frecciate velenose a Gianfranco Fini (“sta in depressione, è stato lasciato dalla sua compagna e Alfango, come chiamo io Alfano, che ha tolto una forza a noi in un momento difficile: sono stati tutti miracolati e ora ingrati stanno contro di noi”), a Grillo (“che io chiamo Grullo”), a Renzi (un altro Grullo).
Quelli sempre di Forza Italia che si incontrano Antonio Tajani, capolista per Forza Italia alle Europee, che si è scagliato contro “Grillo, che è come Stalin: se dovesse vincere processerà tutti” e contro Renzi che “promette e non mantiene” e poi ha lasciato il microfono a Maurizio Gasparri, vice presidente del Senato, che ironizza su Grillo: “se gli dessero le chiavi dell’Italia, scapperebbe”.
Quelli che dopo tanta propaganda, abbondanti parole in libertà, lazzi, scherzi e cachinni, alla vigilia dell’apertura delle urne, devono fare silenzio. Saranno in grado di tacere per ventiquattro ore?
Buon voto a tutti.