La certezza è una sola. E scioglie ogni dubbio (se mai ce ne fosse stato bisogno). Con la politica ce se magna. Pizzette. Rustici. Bruschettine. Patate arrosto nonché fritte. Pasta fredda. E crocchette. Il tutto innaffiato da vino ghiacciato (logicamente non rosso). Cocktail senza ombrellino. Analcolici in un angolo, quasi snobbati. Che a un certo punto qualcuno s’è pure chiesto: “Ma di chi è la festa?”.
Bene. La festa era dell’Alessandra Mussolini. Quella bionda. Di passaggio da Viterbo, con quarantacinque minuti di ritardo (lei dice per colpa del Tom Tom di chiare origini renziane) durante il tour de force elettorale che la vede in pompa magna sui manifesti di Forza Italia. Che poi non ha nemmeno stampato. E anche ciò tende a precisarlo.
Giunge al caffè Grandori scortata e in abiti sobri. Si affaccia alla folla (una quarantina di aficionados) accompagnata dal prode Giulio Marini. Bandolero stanco, ma in ripresa dopo la convocazione in Nazionale (dei club Forza Silvio). Stringe le mani come Francesco (non Battistoni, assente). Bacia i pezzi da novanta. E sfodera la t-shirt con su scritto a pennarello “Forza Italia – Berlusconi”. Applauso. Coro “Viva Mussolini”. E foto di rito. Con tutti. Famosi, meno famosi, saranno famosi. Bambini. Anziani. E pure col gruppo pervenuto all’ombra della Palanzana da Velletri (sì, come quel noto personaggio).
Un gentiluomo le porge uno Spritz. Ed il primo brindisi è dedicato a lui, a papà Silvio. “Brindo al club – tuona urlando – a Forza Italia e al povero presidente Berlusconi. Non brindo a Fini e a Alfan(n)o”. Secondo applauso, tirato dalla divertentissima gag. Il corteo si sposta pericolosamente verso il buffet. Che però è già stato dilapidato anzitempo. Quando nell’attesa a molti è salito l’appetito. E date le voci che la davano ancora a Roma (addirittura sulla linea ferroviaria voluta dal nonno, quel travaglio da quattro ore), ci si era portati avanti col lavoro.
Piccolo comizio. “Il Cavaliere mi ha chiesto di impegnarmi in questa battaglia solo l’ultimo giorno – spiega – Contro i nemici interni. E contro quelli esterni. Che io chiamo Grilli e Grulli. Non potevo non accettare la sfida estenuante”. Mani in movimento per l’ennesima volta. E il Grullo sarebbe Renzi, qualora fosse sfuggito.
Non mancano infine le frecciatine di chiusura. Si spara a zero. Ce n’è per Alfano (sempre con due “n”). Per essersi dimenticati i Maro’ laggiù. Per gli immigrati fastidiosi (uno del pubblico si nasconde, è il suo autista, diciamo parecchio abbronzato). Per un Governo mai eletto. Per un “solo presidente” condannato ingiustamente. Ultimo pubblico tributo e di nuovo in auto. Direzione? “Credo Civita Castellana”, afferma interessata. A fare? Comizio più pausa al ristorante. Ogni tanto occorrerà pure mangiare qualcosa.
Buon appetito.