Tanto rumore per poco rock and roll. E pure questa Mille miglia è andata. Rapida. Indolore (tranne che per quelle due vetture che si sono date un bacetto sulla Cimina). Affascinante. Nonché un tantino spocchiosa. Ma così è d’altronde la manifestazione su quattro ruote datata 1927. Una passerella di auto chic. Una serpentone di metallo (tirato a lucido) che ammette solo prime donne. Prodotte non oltre il ’57, e che avevano già partecipato alla corsa originale. Ora la corsa non c’è più. Troppo sangue sparso su e giù da Brescia a Roma. Adesso la chiamano gara di regolarità (cosa vorrà dire rimane un mistero). Per signore d’epoca. E, soprattutto, per piloti romantici.
Comunque. Hanno tagliato la città dei Papi in quasi cinquecento. A bordo di strane carrozze più o meno originali e più o meno piacevoli alla vista. Per la gioia dei chiassosi bambini imbandierinati. Per l’invidia dei collezionisti su carta ma senza portafogli. Per il piacere di ricevere un applauso e una chilata di mosche in bocca (quasi tutte non hanno la cappotta). Viterbo ha risposto alla grande. Umano più paletta in ogni pizzo a dirigere il traffico. Transenne perfettamente allineate. Dietro folla nutrita e facilmente avvezza all’applauso. Area timbro parcheggiata paraculamente a piazza del Comune. E per quanti non conoscessero certe dinamiche (è un vanto, tranquilli) il gazebo col tipo che timbra è un punto (ce ne stanno sei in tutto il percorso) dove il circuito si interrompe al fine di far vidimare ufficialmente il passaggio. Senza ritiro dei bollini. Senza orsacchiotto in omaggio. Per la sola felicità degli spettatori, che così possono soffermarsi sui particolari senza beccare il torcicollo, e sulle piacevoli accompagnatrici (meno rispetto al solito, forse colpa della crisi) che di norma occupano il posto anteriore a destra. A sinistra, se il conducente opera all’inglese.
La zuppa è iniziata verso le sette con lentezza. Un’ora dopo il traffico s’è infittito. Verso mezzogiorno i ritardatari. E tra di loro pure l’assessore Tonino Delli Iaconi. Che con la sua Musa grigio topo ha sfilato per una decina di metri, sbucando da una viuzza laterale. Poi il Vigile l’ha fatto accostare. Non c’entrava nulla. Ma a palazzo dei Priori in qualche modo ci doveva pur arrivare. Non si sono visti invece gli unici due che si sarebbero dovuti vedere. Ci si è accontentati in zona vip della giornalista Rai Francesca Grimaldi, di Bruno Senna (che a quanto pare da Ayrton ha ereditato solo il cognome). Di Jay Leno, comiconduttore a stelle e strisce. I pezzi da novanta invece si sono arenati a Roma. Nessuna traccia del premio Oscar Jeremy Irons. Manco la puzza di Brian Johnson. Si lui, quello degli Ac/Dc. E se si fossero fermati a mangiare ‘na pajata da Peppe allo scapicollo per favore fatecelo sapere. Mezza gente stava lì per loro. E dall’alba. Deludere i fan non è mai bello. Ma a certe prime donne tutto sommato si può concedere anche questo. Maledetti.