Sono ormai sei anni che il 1° Maggio data riconosciuta come Festa del Lavoro, non ha più le caratteristiche della festa perché manca il lavoro, troppe famiglie, giovani, sono in grande difficoltà.
L’Istat ci consegna con i numeri, la drammaticità di questa crisi, dove la disoccupazione giovanile nel 2013 nel Lazio è salita al 45,9% più alta quella femminile di 5 punti percentuali , a Viterbo è del 48% Italia è del 40% .
Altro dato ancor più allarmante e pericoloso è quello riferito ai Neet, ( giovani che non lavorano e non studiano): a Viterbo sono in valori assoluti 13.452 in percentuale il 45,4% .
Si può aggiungere a questi dati quelli di chi sta in mobilità, in Cassa Integrazione straordinaria, o in deroga, che sono oltre 5.000 persone, inoltre il dato della disoccupazione più in generale che si attesta al 14,3%.
Una giornata, quella di ieri, che è complicato definire festa del lavoro. Forse sarebbe opportuno ricordarla come giornata per la rivendicazione dei diritti, primo fra tutti quello del lavoro.
La rottura, del rapporto tra il tema lavoro, dignità, benessere, cittadinanza, consumo, con una crisi di questa portata, ha interrotto bruscamente la possibilità di essere tutto questo, e di essere cittadini-consumatori. A questo ci ha portato la metamorfosi dell’attuale forma di capitalismo rispetto a quella precedente, dove la finanza ha occupato lo spazio, delle idee, della fantasia imprenditoriale della produzione di beni e cose. In questi ultimi venti anni , sembrava, anche, fossero scomparsi gli operai, gli impiegati, i tecnici, non se ne parlava proprio, eppure c’erano, esistevano, erano ben 17 milioni.
Il capitalismo industriale perlomeno li aveva in mente, pensando naturalmente anche ai propri interessi, con il fine che quei lavoratori diventando il “ceto medio” con lo stipendio, avrebbero potuto sostenere la propria famiglia, che avrebbe consumato, acquistato, e prodotto.
Questa relazione si è interrotta e ricostruirla , attraverso la possibilità di un lavoro stabile è, anzi, deve essere la prospettiva e l’arduo compito della politica, responsabile della situazione attuale.
Per questo non possiamo condividere le scelte sbagliate che i governi di questi ultimi anni, da quelli politici come quelli tecnici, in tal proposito hanno compiuto. Ne cito una delle più dannose, che ritengo sia stata quella della riforma delle pensioni , che ha danneggiato oltre alle imprese, intere generazioni, di giovani e lavoratori più anziani, costretti a rimandare il pensionamento fino a 67 anni, per coloro, poi, che hanno ancora l’azienda, occupando posti che invece avrebbero potuto occupare i più giovani.
La modifica della legge Fornero quindi, sarebbe una delle soluzione di molti problemi legati alla disoccupazione giovanile, non certo il nuovo contratto del Jobs act, inventato da quest’ultimo Governo che si aggiunge agli altri contratti precari esistenti.
Quello appena trascorso è stato un 1° Maggio dunque ancora segnato dal non lavoro, dalla precarietà con la riduzione dei diritti, ma ritengo che gli anni a venire dovranno essere gli anni di ricostruzione di una Europa dei diritti e del lavoro, una Europa della solidarietà tra popoli, che dovrà abbandonare la politica dell’austerità che niente di buono ha prodotto, auspicando quindi che le nuove elezioni del 25 maggio potranno dare voce e visibilità ad un governo diverso, che sia attento alle classi sociali economicamente più esposte, e che possa ricostruire opportunità e le basi per il lavoro stabile e sicuro.
Il 1° maggio non è più la festa del lavoro
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