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I turisti? Sono arrivati con i fiori

Via San Lorenzo

Via San Lorenzo

A seguito di un approfondito studio (tutt’altro che scientifico) svolto in loco da una commissione di esperti, si è arrivati ad una precisa considerazione: se a Viterbo pianti un palo al centro di una piazza, dopo venti minuti ci gira intorno mezza Italia. Siamo la capitale dello struscio. L’analisi, i cui risultati son giunti alla redazione di codesta testata nella tarda serata di ieri, e’ stata estrapolata da un copioso campione di gente presente a San Pellegrino in fiore. Restano infatti pressoché incalcolabili le teste che hanno transitato il primo maggio all’interno del centro storico. Un fiume di capocce. Un serpentone umano assai simile a quello che normalmente si presenta nel dì (sempre sia lodato) di Santa Rosa.

Piazza del Gesù

Piazza del Gesù

Per la gioia dei commercianti (se poi diversi hanno tirato su le saracinesche dopo le 16 è affar loro), degli amministratori (petto in fuori e sorriso stile pubblicità del dentifricio), degli organizzatori, degli espositori, dei parcheggiatori abusivi, dei parcheggiatori non abusivi, degli artigiani, dei pittori, degli artisti vari o presunti, e di quel tipo che suonava il sitar (ognun fa quel che meglio gli riesce) a due passi dal Palazzo papale.

Questo, in sostanza, è quanto avvenuto tra dodici e ventiquattro ore fa. Un miracolo, forse dato dalla presenza del santo sull’appellativo. Ma anche un punto concreto. Dal quale (ri)partire, dopo le già incoraggianti giornate di Pasqua, Pasquetta e venticinque aprile.

Il ponte verso il Duomo

Il ponte verso il Duomo

C’erano tutti si diceva. Viterbesi, ok. Canepinesi e onanesi, bene. Ma anche romani, napoletani, toscani (un botto), e giù giù fino a inglesi, francesi, olandesi, tedeschi e altre incomprensibili razze lontane che ben si potrebbero inserire nelle barzellette. Ora, forse la domanda è: cosa son venuti a fare? E qui si apre una parentesi lunga così. Ma giacché ci stavano, è visto che hanno pure spesicchiato, meglio adoperarsi al fine di farli rimanere. O ripassare. O che suggeriscano agli amici quel posticino fico a due passi da Roma. Dove in quel pomeriggio c’era la calca, assiepata in un quartiere meraviglioso, atta a mirare il gladiolo, la peonia, il rosmarino, il drone (che non è un rampicante ma vola comunque alto), e ogni altro genere di seme in crescita. Che se il week-end lungo prosegue in questo modo abbiamo risanato i buchi dello Stato e ci scappa pure una porchettata collettiva a chiusura della giostra.

Via San Pellegrino

Via San Pellegrino

Non tutte rose e fiori però. Cioè si, tutte rose e fiori in realtà. Perché di questo si sta parlando. Ma a vederla bene, ad essere un tantino cattivelli, alcuni dettagli andrebbero ridisegnati. D’accordo, la crisi morde a quattro palmenti (o ganasse, per restare a casa), ma in quanto a coreografie e allestimenti c’è parecchio da lavorare. In alcuni punti (ci dicono gli esperti di cui sopra) pareva di stare al San Lazzaro. Fortuna senza lumini.

Questa è Viterbo, signori. E questo ci è richiesto. Che piaccia o meno la direzione da prendere in ottica cultural-turistica si sta via via delineando. Naturalmente. Forse basterebbe seguirla, coccolarla, acclimatarla. Senza tentare sciocchi voli pindarici (coi droni, per giunta). Meglio cadere sul pratino di piazza San Lorenzo d’altronde. Che almeno è morbido.

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