Tanto per rendere l’idea: a uno del personale gli hanno attaccato il contapassi. A turno terminato, i chilometri percorsi erano quindici e qualcosa. Ah, piuttosto. Non si sta parlando di un maratoneta. E nemmeno di un bersagliere. Ma di un semplicissimo (nel termine più positivo che esiste) infermiere del pronto soccorso di Viterbo. Di Belcolle. Quell’armadio a muro parcheggiato a San Martino, che poi di bello ha solo il principio del nome.
Il fondista di cui sopra, più tutti i suoi colleghi e superiori (fino a un certo punto) han deciso di alzare la voce. Di far comprendere a quei fortunelli che purtroppo passano dal reparto urgenze, che le mancanze totali dell’area dipendono esclusivamente dall’alto. Non da chi, quotidianamente, consuma un paio di Fly Flot e tre quarti della bile pur di sbarcare il lunario e assicurare un servizio decente. Nei limiti del possibile.
A sposare la tesi, a supporto delle argomentazioni, a cavallo di un cavallo che prosegue a sbattere contro i mulini a vento, ecco pure FondAzione. Attraverso il parere di Roberto Talotta. Che ora sta con Santucci dagli occhi blu, ma viene proprio da Belcolle. Bracciante in camice e sindacalista. “È una storia vecchia come il caseggiato che la ospita – apre – Ora aggravata. Per mille buoni motivi”.
Diciamoli allora. “Numero esiguo del personale – parte ad elencare – con troppi precari e concorsi bloccati da un pezzo. Volume di visite. Ossia, si fanno più interventi che al Gemelli di Roma. Con le stesse persone appena citate, chiaramente. E ancora, posti letto”.
Qui la faccenda si complica. Perché i tagli dei distaccamenti provinciali (Montefiascone, Acquapendente, Ronciglione), dopo la divisione in “macroaree”, han portato solo a un deficit. Le spese invece sono rimaste le stesse. E poi: “Divisione dei codici – aggiunge – chi entra col bianco, caso non urgente, c’è rischio che fa mattina. Nei piani di Michelini ci sarebbero dislocazioni a Santa Barbara e al Carmine. Ma campa cavallo (forse quello di prima, ndr)… Vogliamo parlare di sicurezza? La notte transita gente pericolosa, ubriachi o tossici. Non ci sta nemmeno un poliziotto. Ed infine la politica amministrativa”.
La Asl, in sostanza. Che sempre sta a sentire ma mai agisce. Quando invece con quattro mosse potrebbe togliere un sacco di castagne dal fuoco. “L’ospedale è del malato – chiude la quota FondAzione – Pare che qualcuno se lo sia dimenticato”. Che fa anche rima. Una rima amara come quelle giornate perse a bestemmiare al pronto soccorso. E non certo per colpa degli infermieri.