17112024Headline:

Quel viaggio pionieristico sulla Roma Nord

La stazione di Viterbo...

La stazione di Viterbo…

Si chiama Roma nord. E non è un viaggio. È una vicenda. Che si sviluppa a schema creativo su di un percorso a rotaie (peccato non a vapore) che dalla capitale arriva fino a Viterbo. Attraversando quella terra di mezzo nota ai più come Civita Castellana. Si sale a piazzale Flaminio. Laddove le culture si intrecciano e si amalgamano, lungo il serpentone di pietra che da accesso alle varie entrate del mezzo di trasporto costruito per volontà del Duce. Correva il 1932. Tale opera poteva (e voleva) rappresentare un’ottimo modo per ricordare il decennio passato dalla Marcia (quella con la M grande, altro che la disciplina sportiva).

Nel 2014 non è cambiato niente. Magari le carrozze, che rimangono comunque datate. Per il resto e’ tutto come da copione. Trentanove folli fermate. Un sali e scendi estenuante di persone. Quasi tre ore di calvario. Più croce che delizia dello sprovveduto avventore.

Lasciata Roma si imbocca un primo tunnel. Rapido (seppur la velocità di crociera è inesorabilmente lenta). Pochi chilometri e si è già in aperta campagna. In un tripudio di villoni, circoli tennistici, casali retro’, e campi rom. Un panorama agghiacciante e allo stesso modo confortevole che si ripete attraverso i finestrini fino allo strazio. Affiancato per lunghi tratti dalla via Flaminia (altra creatura mitologica). Spuntano i primi oliveti. Meno nobili rispetto a quelli dell’Alta Tuscia ma assai caratteristici. C’è chi pota e chi si gode il novello sole primaverile. Tutt’attorno cupole, torrette e ruderi che duellano con cavi elettrici e distese di fotovoltaico. Fuori il mondo che avanza, dentro una pellicola di Bollywood. Carnagioni scure. Occhi profondi. Acconciature assurde e profumo di spezie. Qualche sosta in località astratte, laddove c’è si una stazione ma non un paese che la circonda, rendono ancor più surreale il cammino.

...e quella di Roma

…e quella di Roma

Ed ecco Soratte. Di spalle. Settecento metri di roccia e macchie verdi da circumnavigare con rispetto. Fino a Civita. Laddove le piantagioni di olive lasciano spazio a quelle di nocciole. Al tufo. Ai vigneti. Stessi colori ma più crudi. Più intensi. La marcia rallenta ulteriormente e sullo sfondo già appaiono i Cimini. Con lo scenario che si accorcia e si arrocca. E la locomotiva che s’aggrappa a budelli in salita e ponti mozzafiato. Anche se poi i più nemmeno se ne accorgono. Qualcuno dorme. Altri preferiscono la tecnologia a portata di mano. Viterbo sta dietro l’angolo. Ma prima occorre salutare le signore delle ceramiche e spaccare Vignanello, Vallerano, Soriano, Vitorchiano. Ogni centro una gemma. Ogni dettaglio un capolavoro (puntualmente rovinato da qualche disattenzione). Da Bagnaia al capolinea trascorrono ben dieci minuti. Poi i piedi toccano terra. E si ricade nel quotidiano. Nella velocità. Nel traffico dei clacson.

Qualcuno vorrebbe tramutare la linea in Verde, in viaggio turistico. Legambiente ci sta pensando. Altri sponsorizzano. E in effetti non servirebbe nemmeno aggiungere molto. Una degustazione di prodotti tipici. Un’orchestrina jazz. E quello che pare un calvario si trasformerebbe in lusso d’altri tempi. Ah, solo per la cronaca, con dodici euro si fa avanti e indietro (due ore e cinquanta a tratta) passando per Euclide, Acqua Acetosa, Campi sportivi, Antenne, Tor di Quinto, Due ponti, Grottarossa, Saxa Rubra, Centro Rai, Labaro, La Celsa, Prima Porta, Giustiniana, Montebello, Sacrofano, Riano, Castelnuovo, Morlupo, Magliano, Rignano, Sant’Oreste, Ponte Paradiso, Ponzano, Civita Castellana, Catalano, Faleri, Fabrica, Corchiano, Cardarelli, Vignanello, Vallerano, La Selva, Soriano, Santa Lucia, Fornacchia, Vitorchiano e Bagnaia.

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2   Commenti

  1. Gi Le ha detto:

    GENTILE DIRETTORE,

    QUANDO LE PERSONE SONO DEGLI INCOMPETENTI COME STEFANO
    MECORIO, E’ MEGLIO CHE NON SCRIVANO CASTRONERIE.

    Gianfranco Lelmi

    E’ vero, le stazioni per arrivare a Viterbo sono tante, non
    tutti ricordano però che Joniaux, poi Angelelli ed infine Besenzanica avevano
    concepito questa ferrovia

    per collegare il maggior numero di paesi, non certo per
    arrivare in breve tempo a Viterbo. Esisteva già da alcuni anni la ferrovia Roma,
    Capranica Viterbo con un tracciato

    più diretto. Occorre aggiungere che allora come oggi i soldi
    erano pochi. Per far nascere questa ferrovia e renderla utile i costruttori
    dovettero considerare anche che il tracciato

    doveva superare i 102 chilometri, per attingere al
    finanziamento dello Stato. Se si osserva attentamente il percorso del treno ci
    si accorge che gli ingegneri responsabili del tracciato

    esaminarono molto bene il territorio pur non avendo grandi
    mezzi a disposizione. Il treno scende lungo le dorsali fiancheggiate dalla
    Flaminia con ampie curve che consentirono agli

    ingegneri ideatori di questa ferrovia di evitare la
    costruzione di numerosi ponti e cavalcavia. Benché criticata da molti, ancora
    oggi, il treno impiega meno tempo della corriera o dell’auto.

    Per raggiungere da Roma Piazzale Flaminio la cittadina di
    Civita Castellana con il treno si impiega circa un’ora e trenta. Cosa da non
    poco se si considera che un convoglio di tre vetture

    trasporta 513 persone evitando così un inquinamento ed un
    infortunistica stradale dalle ricadute disastrose. Stesso discorso vale per
    raggiungere Viterbo da Civita Castellana.

    Il treno impiega un’ora e cinque minuti. Se poi si considera
    l’inverno, per attraversare i monti Cimini occorre sicuramente molto più
    tempo.

    Viterbo come Roma muore di inquinamento, “La Ferrovia Roma
    Nord” collegando una miriade di paesi nella Tuscia, permette a molti di evitare
    l’uso dell’auto.

    Se venisse attuato il disegno di attivare la Circumcimina (i
    binari già ci sono), se i treni rispettassero un cadenzamento regolare,
    l’utilizzo dell’auto scemerebbe notevolmente.

    E’ inutile cercare la colpa, ATAC fa quello che può. Sono i
    politici che debbono finanziare una ferrovia che é vissuta sempre nel niente.
    Non si può pretendere, come avvenne, che i tecnici di

    Catalano, per far viaggiare il treno, si inventarono una
    macchina che fabbricava i coriandoli che venivano venduti all’esterno. Cioé il
    ricavato serviva acquistare i pezzi di ricambio

    dei treni. E’ vero, é una ferrovia fascista, diciamo meglio
    costruita sotto il fascismo. Eppure a prezzo di grandi sacrifici i nostri nonni
    ce l’hanno lasciata. Perché buttare alle ortiche

    qualcosa che ci hanno regalato?? Forse ripetiamo quanto
    avvenuto nei primi secoli del cristianesimo, quando si distruggevano i templi ed
    i monumenti romani poiché costruiti dai

    pagani??

    Si deve a Legambiente che con avvedutezza, larghezza di
    vedute, ha saputo far comprendere a molti il fascino di questo treno che rischia
    sempre di scomparire.

    I politici debbono smettere di sognare opere faraoniche che
    rischiano di approdare nel nulla. Basta anche un semplice binario, il raddoppio
    nei tratti in prossimità degli

    incroci, automatizzare gli scambi, costruire passaggi a
    livello, sottopassi e cavalcavia, eliminare alcune curve con raggio inferiore ai
    200 metri, per far viaggiare questi treni con un

    cadenzamento di venti minuti.

    Speriamo che altre gite come quella del giorno 30 marzo 2014
    abbiano ulteriore seguito. Visite a monumenti fantastici, a chiese, piazze e
    fontane ci attendono nei vari paesi.

    Assaggi gastronomici e cibi genuini ci aspettano, “non
    deludiamoli”.

    Legambiente si é assunta un compito che la caratterizza
    sempre più nella difesa e tutela del patrimonio storico, naturale, artistico che
    ci circonda.

    Si può solo che apprezzare il suo operato e di chi lo
    favorisce.

    P.S. Chi scrive non é informato, il viaggio costa euro 9,60 e non 12
    euro

    Gianfranco Lelmi

  2. Gi Le ha detto:

    GENTILE DIRETTORE,

    QUANDO LE PERSONE SONO DEGLI INCOMPETENTI COME STEFANO
    MECORIO, E’ MEGLIO CHE NON SCRIVANO CASTRONERIE.

    Gianfranco Lelmi

    E’ vero, le stazioni per arrivare a Viterbo sono tante, non
    tutti ricordano però che Joniaux, poi Angelelli ed infine Besenzanica avevano
    concepito questa ferrovia

    per collegare il maggior numero di paesi, non certo per
    arrivare in breve tempo a Viterbo. Esisteva già da alcuni anni la ferrovia Roma,
    Capranica Viterbo con un tracciato

    più diretto. Occorre aggiungere che allora come oggi i soldi
    erano pochi. Per far nascere questa ferrovia e renderla utile i costruttori
    dovettero considerare anche che il tracciato

    doveva superare i 102 chilometri, per attingere al
    finanziamento dello Stato. Se si osserva attentamente il percorso del treno ci
    si accorge che gli ingegneri responsabili del tracciato

    esaminarono molto bene il territorio pur non avendo grandi
    mezzi a disposizione. Il treno scende lungo le dorsali fiancheggiate dalla
    Flaminia con ampie curve che consentirono agli

    ingegneri ideatori di questa ferrovia di evitare la
    costruzione di numerosi ponti e cavalcavia. Benché criticata da molti, ancora
    oggi, il treno impiega meno tempo della corriera o dell’auto.

    Per raggiungere da Roma Piazzale Flaminio la cittadina di
    Civita Castellana con il treno si impiega circa un’ora e trenta. Cosa da non
    poco se si considera che un convoglio di tre vetture

    trasporta 513 persone evitando così un inquinamento ed un
    infortunistica stradale dalle ricadute disastrose. Stesso discorso vale per
    raggiungere Viterbo da Civita Castellana.

    Il treno impiega un’ora e cinque minuti. Se poi si considera
    l’inverno, per attraversare i monti Cimini occorre sicuramente molto più
    tempo.

    Viterbo come Roma muore di inquinamento, “La Ferrovia Roma
    Nord” collegando una miriade di paesi nella Tuscia, permette a molti di evitare
    l’uso dell’auto.

    Se venisse attuato il disegno di attivare la Circumcimina (i
    binari già ci sono), se i treni rispettassero un cadenzamento regolare,
    l’utilizzo dell’auto scemerebbe notevolmente.

    E’ inutile cercare la colpa, ATAC fa quello che può. Sono i
    politici che debbono finanziare una ferrovia che é vissuta sempre nel niente.
    Non si può pretendere, come avvenne, che i tecnici di

    Catalano, per far viaggiare il treno, si inventarono una
    macchina che fabbricava i coriandoli che venivano venduti all’esterno. Cioé il
    ricavato serviva acquistare i pezzi di ricambio

    dei treni. E’ vero, é una ferrovia fascista, diciamo meglio
    costruita sotto il fascismo. Eppure a prezzo di grandi sacrifici i nostri nonni
    ce l’hanno lasciata. Perché buttare alle ortiche

    qualcosa che ci hanno regalato?? Forse ripetiamo quanto
    avvenuto nei primi secoli del cristianesimo, quando si distruggevano i templi ed
    i monumenti romani poiché costruiti dai

    pagani??

    Si deve a Legambiente che con avvedutezza, larghezza di
    vedute, ha saputo far comprendere a molti il fascino di questo treno che rischia
    sempre di scomparire.

    I politici debbono smettere di sognare opere faraoniche che
    rischiano di approdare nel nulla. Basta anche un semplice binario, il raddoppio
    nei tratti in prossimità degli

    incroci, automatizzare gli scambi, costruire passaggi a
    livello, sottopassi e cavalcavia, eliminare alcune curve con raggio inferiore ai
    200 metri, per far viaggiare questi treni con un

    cadenzamento di venti minuti.

    Speriamo che altre gite come quella del giorno 30 marzo 2014
    abbiano ulteriore seguito. Visite a monumenti fantastici, a chiese, piazze e
    fontane ci attendono nei vari paesi.

    Assaggi gastronomici e cibi genuini ci aspettano, “non
    deludiamoli”.

    Legambiente si é assunta un compito che la caratterizza
    sempre più nella difesa e tutela del patrimonio storico, naturale, artistico che
    ci circonda.

    Si può solo che apprezzare il suo operato e di chi lo
    favorisce.

    P.S. Chi scrive non é informato, il viaggio costa euro 9,60 e non 12
    euro

    Gianfranco Lelmi

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