Dio ci scampi dalla sora Lella. Che ne ha combinata un’altra delle sue e adesso palazzo dei Priori rischia di dover tirar fuori una barca di soldi a fondo perduto.
Il tema, guarda un po’, è ancora quello del cimitero di Grotte Santo Stefano, di cui ieri si doveva parlare in consiglio comunale, ma di cui non s’è parlato perché la giunta – ormai in piena confusione mentale dopo giorni di tira e molla – ha deciso di sospendere il bando e di comunicarlo alla ditta propositrice del project financing, che ora ha 20 giorni di tempo per rispondere. La speranza di Michelini & C. è che l’azienda (visto che per legge ne ha diritto) non spari una cifra iperbolica a titolo di risarcimento. Ma il rischio che palazzo dei Priori debba pagare è alto.
In attesa del finale però, è giusto riassumere le puntate precedenti per tentare di capire come si sia arrivati al caos attuale. L’idea di realizzare con un project financing l’ampliamento del cimitero di Grotte S. Stefano fu della giunta di Giulio Marini, che prese la decisione con una delibera di consiglio comunale nell’aprile 2013. La ditta che attualmente gestisce i cimiteri viterbesi presentò il progetto (per un costo di 800 mila euro a fronte della concessione venticinquennale di tutti i camposanti viterbesi, per un valore approssimativo di 25 milioni di euro) che fu accettato dal Comune con una delibera di giunta, dichiarandolo di pubblica utilità. Passa il tempo e il dirigente stila il bando di gara, ma nel frattempo ci sono le elezioni e cambia la squadra a palazzo dei Priori. Il dirigente del settore, l’ingegner Dello Vicario, a questo punto scrive più volte al nuovo assessore (Lella Saraconi) chiedendo cosa debba fare, ma per altrettante volte non riceve nessuna risposta. E allora proroga i termini per prendere tempo (una domanda sorge spontanea: ma negli uffici di via Garbini assessore e dirigente si parlano? Discutono dei problemi? Sarebbe interessante saperlo).
Di rinvio in rinvio si arriva al 4 marzo, quando il postino recapita la famosa letteraccia di un cittadino che – secondo sue valutazioni- afferma che quell’appalto è un “grande imbroglio”. Ora, vuoi per la lettera, vuoi perché la giunta Michelini non ritiene più conveniente quel progetto, preferendo agire in autonomia per ottenere un consistente risparmio, in Comune si riflette su una possibile revoca del bando, dopo aver presentato un esposto in procura contro il cittadino autore della letteraccia per turbativa d’asta.
Insomma, dopo un letargo durato mesi e mesi, la sora Lella comincia a parlare di revoca. Ma il tempo stringe perché i giorni rimasti sono contati e la gara sta per scadere. Sicché si decide per la revoca, ma poi qualcuno sussurra all’orecchio della sora Lella che quella procedura è sbagliata.
In tutto questo c’è da sottolineare il lato comico della questione, riferito agli ultimi giorni. La revoca andava fatta prima del 14 marzo, altrimenti la gara andava eseguita. Viene convocata in grande urgenza per mercoledì 12 la commissione Lavori pubblici, durante la quale – essendo il dirigente assente per problemi familiari – la sora Lella, per rispondere alle domande della minoranza, istaura un filo telefonico diretto con l’ingegner Dello Vicario. Ovvero: l’opposizione domanda, la sora Lella telefona, l’ingegnere dall’etere risponde.
E si arriva al consiglio comunale di ieri. L’esecutivo capisce – anche per intervento di svariati membri dell’opposizione – che se adesso revoca rischia di mettersi in mezzo ai guai seri. E allora sospende. Sperando nella magnanimità di chi si è visto sfilare un appalto da acquolina in bocca.
Si vedrà come andrà a finire, ma intanto i commenti si sprecano: “Dilettanti allo sbaraglio” dicono in coro Giulio Marini e Giammaria Santucci. Noi che rischiavano grosso glielo dicevamo da mesi”.
E la sora Lella? Continuerà, purtroppo, a fare l’assessore.
La Sòla (non è un refuso) Lella è più intelligente che bella.