L’affare si complica. Come se le emergenze non bastassero, da ieri se n’è aggiunta un’altra. Che riguarda Roma e non Viterbo (per ora), ma che potrebbe avere anche un effetto a catena.
Scriveva infatti ieri mattina Mauro Evangelisti sulla Cronaca di Roma del Messaggero: Roma a un passo dall’emergenza rifiuti. L’inchiesta che ha travolto il sistema Cerroni per ora ha un effetto drammatico: la Capitale non sa dove trattare il 70 per cento dei rifiuti indifferenziati, circa 2.000 tonnellate al giorno, perché non può usare i Tmb della Colari come spiegato dal prefetto, con una lettera, in cui citava il decreto legislativo 159 del 2011, vale a dire il codice delle legge antimafia. L’Ama ha comunicato al prefetto Giuseppe Pecoraro: «Senza il conferimento dei rifiuti negli impianti di Colari sarà emergenza». E il presidente dell’Ama, Daniele Fortini, avverte: «Ci attendiamo dal prefetto una soluzione perché rischiamo di lasciare senza destinazione oltre la metà dei rifiuti prodotti dalla Capitale. L’azienda non potrà rimuovere una parte cospicua dei rifiuti dalle strade». All’orizzonte c’è solo un’unica – stretta – strada da percorrere: questa mattina il sindaco Marino vede il prefetto e poi firma un’ordinanza per motivi igienico sanitari che consente l’uso degli impianti .
Ma perché il prefetto romano Pecoraro ha deciso di applicare il codice della legge antimafia? A spiegarlo è ancora Evangelisti. Che scrive: Il fulmine s’illumina in cielo ieri mattina, in seguito ad alcune dichiarazioni del prefetto (ma la comunicazione all’Ama era arrivata il 12 febbraio). Pecoraro: «Gli enti pubblici non possono lavorare con Colari, c’è un’interdittiva, scaturita dall’indagine della Procura. Il commissariamento dei due impianti di trattamento (tmb) di Colari è la strada obbligata». Ma se in base al provvedimento della procura l’Ama non può più portare i rifiuti nei due tmb di Malagrotta e nel tritovagliatore di Colari dove finiscono quelle 2.000 tonnellate? Pecoraro: «Non mi risulta che Ama continui a conferire in quegli impianti perché ho informato la società dell’interdittiva». Eppure, anche ieri l’Ama ha portato i rifiuti negli impianti di Colari.
Fin qui i problemi della Capitale. Ma la situazione romana fa nascere un pesante interrogativo anche nella Tuscia, giacché l’impianto Tmb di Casale Bussi, gestito da Ecologia 2000, dovrebbe trovarsi (il condizionale è d’obbligo, stanti i numerosi tecnicismi giudiziari) in una situazione simile a quello della Colari, col suo amministratore Bruno Landi già agli arresti domiciliari nell’inchiesta che ha coinvolto il re della mondezza romana Manlio Cerroni. E se l’interdittività vale per gli impianti Colari, non è detto che non possa valere anche per Casale Bussi. Ma, se così fosse, sarebbe un vero e proprio caos. Il boccino comunque, sarebbe in mano al prefetto viterbese Antonella Scolamiero. Che finora non s’è fatta sentire.
E poi dicono che non è vero che quella del prefetto è una figura istituzionale inutile e anacronistica…