Nella Tuscia il Partito democratico è spaccato quasi a metà. E si sapeva, non ci volevano neanche queste ennesime primarie per la segreteria regionale a confermare la tesi, il segreto di Pulcinella. Non ci volevano neanche questi numeri, Melilli 55 per cento, Bonacccorsi 41 per cento, per capire che c’è un Pd nella provincia e un Pd nel capoluogo, diversi, distanti, forse inconciliabili. Più ex Ds (e Pci) nella periferia, più moderato e popolare nella città; Fabio Melilli trionfa nei paesi, Lorenza Bonaccorsi dilaga tra le antiche mura della città dei papi. Totale dei votanti: novemila, secondo previsioni dell’uomo-Peppe Fraticello, uno che coi numeri ci sa fare alla grande.
Sì, l’asse Egidi-Panunzi (con l’ombra di Ugo Sposetti, “che non more mai”, come sussurra qualche fedelissimo nella sede di via Polidori, durante lo spoglio dei voti) si afferma in periferia. Sui Cimini, feudo del consigliere regionale che arriva al quartier generale intorno alle 20.30, e snocciola risultati trionfali per Melilli nel comprensorio di sua pertinenza, a partire da Canepina, ormai nota località bulgara. A Montefiascone, dove Luciano Cimarello non ha tradito Egidi, così come a Tarquinia e nell’Alta Tuscia, da Marta ad Acquapendente, da Grotte a Farnese.
Civita Castellana invece è un risultato strano: garantivano che il sindaco Angelelli fosse uno di quei renziani che invece di sostenere la Bonaccorsi avrebbe appoggiato Melilli, convinto proprio da Panunzi e dopo aver accolto a braccia aperte, in settimana, il Grande Elettore Zingaretti Nicola, incidentalmente anche presidente della Regione: e invece, nella città delle ceramiche vince la Bonaccorsi, carramba che sorpresa, anche se l’affluenza resta bassa causa Carnevale.
Poi c’è la questione Viterbo, dove l’asse d’acciaio fioroniani-renziani (Serra capolista, Ciambella seconda: entrambi saranno eletti, con altri e due della lista, più cinque che sostengono Melilli) sfonda ogni resistenza: 778 voti per Bonaccorsi, le briciole a Melilli. A San Martino, grazie al duo rosa Minchella-Gasbarri, non c’è storia, a Grotte Santo Stefano idem con patate. Ergo: il capoluogo è moderato, democristiano nell’anima e nel segreto dell’urna, e l’onda lunga del successo del prossimo premier – qui già stravotato alle primarie di partito lo scorso 8 dicembre – ancora funziona.
Quando arrivano i dati della città, a via Polidori c’è ansia tra i melilliani: temono che si abbassi la percentuale, allora schizzata al 66 per cento. Così accade, le distanze dimuiscono, ma Egidi e Panunzi festeggiano, vino rosso e pizza margherita, e arriva anche l’onorevole Alessandro Mazzoli. Già, l’ultimo segretario regionale proveniente dalla provincia profonda. Anche se Melilli insegna: l’origine non è importante, basta prendere un sacco di voti a Roma, dove i grandi squali navigano tra le correnti di questo mare magnum, e un po’ incasinato, che si chiama Partito democratico. E ci vediamo alle prossime primarie.
Bucìardi e Peppebucìardi: c’è l’imbarazzo della scelta su chi non votare.