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Melilli, nella Tuscia una vittoria di Pirro

Enrico Panunzi, fonderà l'enclave di Canepina?

Enrico Panunzi, fonderà l’enclave di Canepina?

E adesso che il risultato è stato certificato, con Fabio Melilli nuovo segretario regionale del Pd, è l’ora delle riflessioni e delle analisi.

Non facili, soprattutto nella Tuscia, dove il partito s’è (di nuovo) diviso tra quella che può considerarsi l’ala tradizionale (composta essenzialmente dagli ex Ds con l’aggiunta di qualche insignificante appendice) e l’ala cattolica e laico riformista, che sicuramente più si avvicina al verbo del nuovo segretario nazionale (e ormai prossimo premier Matteo Renzi). Sulla carta era una lotta impari, perché Renzi – capace da solo a mobilitare le grandi masse – stavolta non c’era; mentre c’erano gli apparati di un partito che faticano, e non poco, a cambiare cultura, preferendo rimanere ancorati agli schemi di sempre, anche con qualche eccesso di troppo. Per dirla in parole povere: da un lato il governatore del Lazio, i due consiglieri regionali, almeno tre dei cinque parlamentari attualmente in carica e, dulcis in fundo, la segreteria provinciale; dall’altro i renziani della prima ora capeggiati da Francesco Serra, l’ala più riformista del partito (Alvaro Ricci) e i cattolici popolari di Beppe Fioroni.

Ebbene, nella Tuscia – stante il fatto che Melilli era ampiamente favorito – s’è verificato un risultato piuttosto controcorrente su cui la classe dirigente del Pd locale, nei prossimi giorni, dovrà abbondantemente riflettere. Giacché Melilli ha vinto col 55,42 per cento (in tutto il Lazio ha preso il 60%), ma è stato sconfitto nei due centri più significativi del territorio: Viterbo e Civita Castellana. E se nella città delle ceramiche la sconfitta degli ex Ds è stata contenuta, nel capoluogo della Tuscia c’è stata una vera e propria batosta, dal momento che Lorenza Bonaccorsi ha raggiunto il 77,9 per cento mentre Melilli si è fermato al 20,4 (l’1,7 è andato al civatiano Guglielmo).

Significativo anche il fatto che mentre in tutto il Lazio (e anche nel resto della Tuscia) l’affluenza ai gazebo è crollata, a Viterbo città ha tenuto. Insomma, detto che i cambiamenti arrivano prima al centro e poi piano piano di espandono anche alle periferie, non si può non osservare che a Viterbo il cambiamento del partito – a prescindere da Matteo Renzi – è cominciato. Sonoramente nel capoluogo, vistosamente a Civita Castellana, più moderatamente nel resto del territorio.

Ma c’è un altro particolare su cui riflettere, che non è affatto di secondaria importanza: ad Arlena di Castro, Capranica e Ronciglione ha vinto Melilli, su indicazione dei sindaci Publio Cascianelli (eletto anche nell’assemblea regionale), Angelo Cappelli e Sandro Giovagnoli. Che, come è arcinoto a tutti, sono fioroniani dalla testa ai piedi. E allora, che dire? C’è stato il classico tradimento? O si è trattato della mossa molto “paracula” (ci si perdoni il termine) del deputato che in questo modo, oltre ai quattro membri eletti con la lista Bonaccorsi, s’è accaparrato anche il quinto? Ai posteri, come si dice in questi casi, l’ardua sentenza.

Piuttosto ieri c’era chi faceva notare come questo voto nel capoluogo rappresenti anche un segnale di fiducia per l’amministrazione Michelini  (e questo ci può anche stare), ma soprattutto uno schiaffone alla giunta regionale di Nicola Zingaretti (e questo è sacrosanto), la cui attenzione per Viterbo s’è finora estrinsecata soprattutto nel regalare alla Tuscia la mondezza romana.

Conclusione: è sicuramente in atto una mutazione genetica del Pd, un cambio di cultura e di marcia, che la premiership di Renzi – se riuscirà a raggiungere gli obiettivi che si è prefisso – potrà solo accelerare. Ergo, all’attuale classe dirigente viterbese del partito non resta che adeguarsi, anche abbastanza in fretta. Altrimenti sarà destinata a scomparire. O tutt’al più a fondare l’enclave di Canepina.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Di “paraculate” si può anche morire. Politicamente.

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