Erano più di ottantamila ieri in piazza del Popolo a Roma. E sul palco non c’erano ne’ Caparezza ne’ De Gregori (per fortuna). Ottantamila imprenditori (grandi e piccini), provenienti da tutto lo Stivale. Uniti nella manifestazione ideata da “Rete imprese”, al grido di “Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro”.
E dopo una scossa (storica) di questo tipo come si metteranno le cose? “Ora sarà assai difficile per le istituzioni non riconoscere all’artigianato e alle piccole aziende il ruolo politico e sociale che meritano, e non tenere conto delle loro ragioni. Perché solo con noi si può ripartire – attacca così l’appello di Cna Viterbo, tramite Luigia Melaragni e Angelo Pieri – Una risposta tanto forte è il segnale del profondo disagio del nostro mondo. Abbiamo capito subito, contattando gli associati per invitarli, che l’adesione sarebbe stata altissima. Siamo partiti con cinque pullman e con tanti mezzi privati. La nostra voce si è fatta sentire”.
A questo punto però è lecito domandarselo: chi dovrebbe starli a sentire? Chiaramente, su tutti, le richieste ricadono sulle spalle dell’ultimo arrivato. Renzi. L’enfant prodige al timone di una nave sempre più indirizzata verso la deriva. “Matteo stai preoccupato – tuona così l’appello di Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato – perché siamo stanchi di una situazione che non abbiamo creato e che ci sta decimando. La voglia di riscatto è innegabile. Qualunque sia il futuro del nuovo governo”.
Cna quindi. Insieme a Confartigianato (per la città dei Papi presenti il presidente Stefano Signori, il direttore Andrea De Simone e i vice Fosca Mauri Tasciotti e Claudio Galeotti), ma anche Confesercenti e Confcommercio. Gli uni vicino agli altri, a sfilare per un obiettivo concreto. “Non molleremo – queste le parole del presidente e porta voce di Rete Imprese, Marco Venturi – e il prossimo Governo dovrà convocarci e ascoltarci”. Anche attraverso slogan di inaudita fantasia. “Noi siamo i tessitori, il governo è Penelope”, “Siamo carrozzieri, ma certe botte non si riparano”, “Siamo odontotecnici, ma c’è poco da ridere”, “Siamo autotrasportatori, ridateci benzina”, “Siamo artisti e ci riducono all’Urlo di Munch”, “Siamo edili, ma ci stanno murando vivi”.
Ma forse le parole che più esprimono il dramma condiviso sono quelle del presidente nazionale Cna Daniele Vaccarino, che per l’occasione ha sfoderato pure l’hashtag. “#noicisiamo per ridurre la pressione fiscale, a partire dall’Irap, imposta ingiusta che colpisce il lavoro e chi produce. Perché i capannoni non vengano equiparati alle case di lusso. Per combattere la burocrazia. Siamo un Paese in cui ogni tre giorni hai un adempimento da rispettare, dove per assumere un apprendista sono necessari dodici adempimenti, dove il digitale non riesce a sostituire il cartaceo, dove per tracciare i rifiuti ci si è inventato quel mostro che è il Sistri. Ma non siamo stati certo noi ad aver creato la ‘terra dei fuochi’. Non sono state certo le imprese che ci sostengono”
Notata l’assenza dei due dioscuri della kultura, quelli che il volano di qua, la città d’arte e di kultura di là…