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La mossa spericolata di Leonardo Michelini

Leonardo Michelini

Leonardo Michelini

Che la realizzazione di un centro agroalimentare nuovo di zecca sia un’ottima inziaitvia per Viterbo e la Tuscia è fuori discussione. Del resto, nell’era post-industriale disseminata di licenziamenti e cassintegrazioni un po’ dappertutto, darsi all’agricoltura rappresenta un’ottima alternativa. E la rappresenta soprattutto in un territorio già di per sé ricco di eccellenze agricole (l’olio, il vino, le nocciole, i pomodori, gli asparagi, le patate, e via dicendo) che avrebbero solo bisogno di essere ancor più valorizzate per produrre sviluppo e – di conseguenza – occupazione.

Premesso ciò, il fatto che il sindaco Leonardo Michelini, con un passato da agricoltore e di presidente di una delle associazioni più attive del territorio (per chi non lo sapesse, la Coldiretti), abbia annunciato di voler realizzare questo centro, e di volerlo fare in tempi celeri, è una di quelle notizie da accogliere con uno scampanìo di batacchi, come si faceva una volta per le “feste ricordatore”. Oltretutto – e questo è senza dubbio un altro merito – il primo cittadino ha intenzione di realizzare questa struttura in località Volpara, su terreni di proprietà comunale. E qui lo scampanìo raddoppia, giacché tutto ciò consente di accelerare i tempi e di risparmiare un bel po’ di soldini. Che di questi tempi non è affatto cosa malvagia.

E allora? Dov’è il problema? potrebbe chiedersi il San Tommaso di turno. Già, il problema sta nel percorso – tortuoso e pieno di tornanti – che il sindaco ha deciso di intraprendere per portare a compimento questa lodevole intrapresa. Giacché Michelini intenderebbe avvalersi della società pubblica Tuscia Expò, vecchio carrozzone politico messo in piedi negli anni ’90 quando a Viterbo si sognava il centro fieristico, che col tempo si è trasformato solo in una macchina mangiasoldi senza nessun costrutto, tanto che tutti i soci che ancora ne fanno parte (Regione, Provincia, Camera di commercio e Comune), hanno deciso già da un paio d’anni di sfilarsi e di mettere la società in liquidazione.

Ebbene, il sindaco ha reso noto il suo intendimento nel corso di una commissione consiliare svoltasi nei giorni scorsi, esibendo tra l’altro il verbale di assemblea della Spa del 10 dicembre scorso, durante la quale i soci, su richiesta di Michelini, hanno approvato (la Provincia s’è astenuta) che il liquidatore ritiri l’istanza di fallimento, ma che la procedura di liquidazione venga proseguita per dar tempo fino al prossimo mese di giugno alla società “di valutare concretamente la possibilità di dare effettivo seguito al progetto così come rappresentato dal Comune.

La proposta di palazzo dei Priori però, non ha entusiasmato gli altri soci. Il presidente della Provincia Meroi ha confermato la volontà di uscire dalla spa; la Camera di commercio – tramite Ferindo Palombella – ha detto che” non è in grado di assumere decisioni in tempi brevi, ma che non ha nulla in contrario a dilazionare di qualche mese la dichiarazione di fallimento”; la Regione infine – tramite l’avvocato Luciani – pur affermando che “nulla osta alla rivisitazione della proceduta di liquidazione e possibile revoca dell’istanza di fallimento”, ha confermato che è intenzione dell’ente “porre in essere le iniziative necessarie per la cessione della partecipazione sociale regionale”, cosa tra l’altro approvata da una legge regionale del 2010.

Ma Luciani ha detto anche un’altra cosa, molto più importante, che ha fatto scattare il campanello d’allarme. E cioè che la Regione intende riavere indietro il finanziamento già elargito (circa 700 mila euro) per la realizzazione del centro fieristico qualora lo stesso non fosse più realizzato. Già, perché l’istanza di fallimento era stata chiesta in quanto la società non riusciva più a far fronte né e quel debito con la Regione, né ad altri che ha con fornitori privati.

E allora si comprende che tenere in vita Tuscia Expò per realizzare il centro agroalimentare significherebbe partire con l’handicap di quasi un milione di euro di debiti. Un bel milioncino, o giù di lì, che dovrebbero sborsare i soci della Spa. Ovverosia il Comune, la Camera di commercio (se deciderà di rimanere dentro) e gli eventuali privati che – secondo il sindaco – sono pronti a entrare nell’intrapresa. Ma a voi sembra possibile?

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2   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Beh, in fondo, come dice quella vetusta storiella, il cetriolo va sempre in quel posto al contadino (nel nostro caso al cittadino).

  2. Luigi Tozzi ha detto:

    La domanda sorge spontanea? Perché non riutilizzare il bellissimo e artistico mercato ortofrutticolo in viale Trieste, utilizzato fino a qualche anno fa? Ha le strutture adatte (frigoriferi, parcheggio ampio etc) è in centro, facilmente raggiungibile. Ah..si..se lo sono venduto per farci altre CASE E CENTRI COMMERCIALI…ma la giunta può, se vuole ritornare indietro su quella scelta scellerata..basta volerlo e non volere spendere altri soldi inutilmente.

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