Ha parato tanti e tanti palloni, tiri impossibili dei migliori calciatori del campionato italiano a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, quando dunque era il migliore torneo d’Europa. Ora Attilio Gregori dovrà parare le mattane dei giocatori della Viterbese, squadra sì prima in classifica nel girone A di Eccellenza, ma incasinata non poco, tra sbandate in campo (cinque gol incassati domenica contro il Grifone Monteverde, l’allenatore Solimina che si è dimesso) e uno spogliatoio diviso in almeno due gruppi. Dove qualche vecchietto sembra pensare solo agli affari suoi, altri finiscono emarginati causa invidia, i giovani spesso disorientati.
Un bell’ambientino, insomma, ma che non può spaventare questo ex portiere quasi 49enne, nato a Monterotondo (squadra che poi allenerà) e cresciuto negli anni Ottanta in una delle migliori scuole italiane, quella di Trigoria. Qui, alle spalle di Franco Tancredi e con un Angelo Peruzzi che cresceva rapidamente, Gregori guarda e impara. Si fa le ossa prima alla Reggiana in prestito, e poi finisce al Genoa, dove arriva l’esordio in serie A. Era il Grifone rampante, prima sotto la guida di Gigi Simoni, e poi col professore Franco Scoglio. Sono soltanto due degli allenatori mitici che Gregori incontrerà nella sua lunga carriera nella provincia italiana, provincia di serie A, comunque: Fascetti e Reja a Verona, Zaccheroni a Udine (dove poi verrà coinvolto e scagionato in una faccenda di scommesse), Novellino a Venezia (e soprattutto un presidente come Zamparini, versione nordista del nostro Camilli), ancora il grande Eugenio Fascetti che lo chiama a Bari, a cavallo del millennio, in una squadra mista tra senatori e Antonicassani brufolosi.
La storia di Gregori giocatore finisce sotto casa, alla Lodigiani che non ancora non si chiama Cisco, su insistenza del direttore generale Fabrizio Di Mauro (suo amico). Allenatore Giancarlo Morrone, il Gaucho passato anche dalla panchina gialloblu. E qui, un giorno di novembre del 2002 a Frosinone, Gregori entra a suo modo nella storia del calcio italiano, alla voce “portieri che segnano un gol”, come Rampulla, come Taibi, come Amelia. Minuto 26 del primo tempo, calcio di punizione per la Lodigiani al limite dell’area. Solite operazioni per sistemare la barriera. Ostruzionismi vari. E poi arriva lui, di corsa dalla sua area, tira e segna sotto all’incrocio, una botta imparabile e festa grande. Ci aveva già provato, su rigore, ai tempi di Verona coi tifosi dell’Hellas che gli cantavano “Forza Attilio facci un gol”, ma calciò in curva. Qul giorno andò meglio, anche se poi Gregori fu espulso per una rissa nell’intervallo, la partita la vinse il Frosinone (4-1) e alla Lodigiani non servirà nel secondo tempo neanche l’ingresso di un giovane attaccante, Enrico Polani. Che oggi si ritrova Gregori allenatore, a Viterbo, per chiudere nel modo migliore – nell’unico modo possibile – questa complicata stagione di Eccellenza.
Quel giorno che Philip Red from Trieste si autoproclamò grande tifoso della Viterbese per raccattare qualche votarello.