La lettura delle dichiarazioni di recente rese alla stampa dai rappresentanti delle associazioni che sostengono la candidatura di Domenico Merlani alla presidenza della Camera di commercio, ed in particolare quelle dei vertici della Cna, mi inducono a svolgere alcune personali riflessioni per spiegare la diversa collocazione della locale Confcommercio, unitamente a Confesercenti, Confartigianato e Federlazio.
Il presidente Cna Angelo Pieri ha dichiarato che la consultazione con i vertici nazionali è stata chiara e che le logiche della capitale non sono le loro, ed ancora la segretaria Cna Luigia Melaragni ha chiarito che la situazione di Roma è diversa da quella viterbese perché nella capitale c’era un accordo che Cremonesi (Unindustria) non ha rispettato a danno di Tagliavanti (Cna) mentre a Viterbo la Cna è alleata di Unindustria perché con tale associazione ha seriamente collaborato per tanti anni.
A questo proposito vorrei precisare che Unindustria è oggi una realtà unitaria a livello regionale e che gli organi viterbesi e romani altro non sono che rappresentanze territoriali della medesima associazione. Inoltre va considerato che a livello nazionale la Cna aderisce a Rete Imprese per l’Italia, insieme a Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e Casa Artigiani in un accordo che, come giustamente ha ricordato la Melaragni, ha l’obiettivo di porre all’attenzione del Governo i problemi delle piccole imprese e che non nasce quindi contro qualcuno (leggi Confindustria). Tutti sanno tuttavia di come Confindustria svolga una legittima quanto efficace azione di lobby politica, con finalità del tutto autonome e spesso divergenti da quelle che le nostre associazioni insieme sostengono a favore dalla piccola impresa. I vertici nazionali spingono affinché le realtà locali, regionali e provinciali, seguano l’esempio di Rete Imprese Italia e difatti nel Lazio ha trovato realizzazione addirittura il Progetto 97.6, che include oltre agli aderenti a Rete Imprese Italia, anche le Associazioni del comparto agricolo e di Federlazio.
A Viterbo siamo fermi al palo perché la Cna ha un patto d’alleanza con Unindustria vecchio di alcuni lustri, tanti quanti sono stati i mandati di Ferindo Palombella alla presidenza camerale. Proprio quella stessa Unindustria che a Roma mantiene la poltrona di presidente della Camera di commercio a dispetto degli accordi presi con Cna. Su questo si può minimizzare quanto si vuole, ma di certo posso immaginare come la locale Cna soffra politicamente non poco, nei suoi rapporti interni regionali e nazionali , per la fedeltà giurata al proprio alleato.
Da parte nostra non si può pretendere di certo il medesimo affetto e nemmeno il sostegno comunque dimostrato in passato al presidente Palombella, non per veti o problemi legati alla persona ma per la consapevolezza di rappresentare posizioni divergenti rispetto ai contenuti proposti.
Basta difatti dare uno sguardo al programma camerale del Patto per la Tuscia, basato sui pilastri del credito alle imprese, dell’internazionalizzazione, della formazione e dei rapporti con le istituzioni locali per capire il nostro scetticismo sulla presidenza Unindustria e sull’alleanza che la sostiene. Da un lato non una parola è stata spesa per la promozione turistica del territorio, dall’altro riteniamo che i rapporti con le istituzioni locali debbano privilegiare il sostegno alle micro imprese della nostra provincia, a quelle imprese che si riconoscono nelle posizioni di Rete Imprese Italia, del Patto 97.6 e non in altre logiche di sviluppo economico lontane dal nostro vissuto quotidiano.
Su questi temi vogliamo impegnarci ed anche spostare il confronto con le sigle aderenti al Patto per la Tuscia, per capire e chiarire la posizione di ognuno in merito alla direzione che vogliamo dare alla nuova amministrazione camerale nei prossimi cinque anni.