“E’ inutile fare gli ipocriti, e noi non lo siamo di certo. Ammettiamo che quello col Civitavecchia è un derby vero, l’unico che abbiamo sempre considerato tale insieme a quello con la Ternana”. Fabrizio Camilli, trent’anni di curva alle spalle, anche quando le partite erano brutte e i campi spelacchiati, ha presentato così, in settimana sulle colonne de Il Messaggero, la sfida di oggi tra Civitavecchia e Viterbese. Liquidando in un colpo solo le manìe di protagonismo dei parvenu reatini – che ambivano a considerare la Viterbese come un avversario alla pari e invece sono stati ridimensionati, appena prima di Natale, da un gol di Giannone in campo e da una bella lezione di tifo sugli spalti – e i timori che quella di oggi in riva al Tirreno potesse essere una sfida di secondo piano. Non lo sarà, e comunque, non certo per colpa dei tifosi.
Già ci ha pensato la Prefettura di Roma, nel pieno esercizio delle sue funzioni, a negare ai sostenitori gialloblu di essere presenti stamattina al Fattori (il calcio d’inizio è per le ore 11), di tifare per i ragazzi e poi magari di concedersi anche una bella mangiata di pesce. “Vendita dei biglietti riservata ai residenti della provincia di Roma”, ha detto il rappresentante del Governo. Chi è nato, vive e ha a cuore la città dei Papi (anche sportivamente) dovrà restarsene a casa, attaccato alla radio, come si usava una volta. Una decisione inevitabile, visti i precedenti di (dis)ordine pubblico tra le due fazioni, ma forse arrivata un po’ troppo tardi, appena venerdì, quando già a Viterbo erano stati allestiti tre pullman, e in tanti avevano incastrato impegni e obblighi per essere presenti al partitone.
Niente da fare. Oggi il settore ospiti del Fattori – uno stadio che, nonostante il fondo in sintetico, conserva un fascino particolare, in riva al mare, scogliere alle spalle, incastrato tra le case, sferzato dai venti e dalla salsedine – resterà vuoto. L’ultima volta in campionato, siamo al 2009, ci furono i soliti insulti ma niente violenza: il gol di Merli Sala consegnò il pareggio alla Viterbese e spedì in Eccellenza il Civitavecchia. Qui se lo ricordano ancora con discreta goduria. E’ stato l’altro precedente in terra tirrenica – anno 2006 -, semmai, a consigliare le forze dell’ordine per il divieto di trasferta. In quell’occasione ci furono tafferugli che si conclusero con un’auto (civitavecchiese, di una ragazza che non c’entrava nulla col calcio e che era in zona stadio per comprare della pizza) andata a fuoco. I locali replicarono rompendo con un sasso un finestrino del bus della squadra viterbese, che allora faceva la C2. E dire che si trattava appena di un’amichevole estiva.
Nel passato ancora più remoto, poi, c’erano state scazzottate reciproche, sfottò, fischi e lazzi. Quest’anno però il rischio sembrava altissimo: quelli della Vecchia si erano già fatti vedere insieme ai tifosi del Rieti, il 22 dicembre scorso, al Rocchi: un antipasto – nel codice ultras – di quello che sarebbe potuto succedere oggi. E che non succederà, visto che mancherà la controparte viterbese, assente per cause di forza maggiore.
Una volta, nell’antichità del pallone regionale, quella tra Civitavecchia e Viterbo era una rivalità povera, fatta di mestieri diversi, di stili di vita diversi: i pesciaroli e portuali da una parte, i “pecorari”, cioé gli agricoltori, dall’altra. Esistenze dure, soldi da guadagnare con le mani, dal mare e sulla terra. Storie millenarie di popoli così vicini eppure così lontani, divisi per diffidenza naturale, più forte delle similitudini (che sono tante). Oggi quelle radici sono sfumate, è rimasta solo la rivalità calcistica, e un prefetto che cerca di metterci una pezza.
Sul campo, almeno, si confida nel fair play, anche se la posta in palio è alta: la Viterbese a caccia del primato (è a meno due) e il Civitavecchia autore di una grandissima rimonta dopo i cinque punti di penalizzazione.
Pesciaroli contro pecorai: riecco il derby
di Andrea Arena
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Mentre a Civitavecchia si giuoca un derby a metà, Filippo Rossi da Trieste anche come tifoso della Viterbese si conferma un bel quaquaraquà.