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Gazzè accende la platea di Montalto

max gazzèNonostante la Cassia, a quanto pare, torna sempre volentieri da queste parti. Probabilmente farà l’autostrada. Comunque, stavolta si è presentato con la solita faccia da schiaffi. Col classico gilet nero su camicia bianca. Con quel capoccione inconfondibile. Col basso a tracolla. Ma soprattutto con un progetto (finalmente) maturo. Un bivio che segna la fine della strada paracula-sanremese, in favore di un sentiero battuto oscuro e difficile da percorre. Ma senza dubbio artisticamente più sfizioso.

Max Gazzè s’è riaffacciato in provincia, in quella splendida oasi montaltese chiamata teatro Lea Padovani. Per volere dell’amministrazione locale (scelta azzeccata), e per la gioia di un tutto esaurito da quattrocento persone. Ad attenderlo una cittadina moderna nei contenuti (canti natalizi in filodiffusione, luminarie in ogni angoletto, strade immacolate), ma profondamente ben conservata negli spazi storici. Due enoteche e altrettanti barbieri ne sono la chiara testimonianza. Piazza Matteotti e il suo bar “C’era una volta” rappresentano una cartolina natalizia perfetta per ogni turista.

Ha ripercorso la sua carriera in chiave acustica, in quintetto. Un lungo viaggio partito dal Belgio nel lontano ’91. Approdato in Italia cinque anni dopo con l’album d’esordio “Contro un’onda del mare”. E giunto con freschezza ai tempi nostri attraverso “Cara Valentina”, “L’uomo più furbo del mondo”, “Favola di Adamo ed Eva”, fino all’ultima popolarissima “Sotto casa”.

Ad accompagnarlo Dedo and Megaphones. Ensemble sconosciuta ai più, ma capace di strappare successo indiscusso già dopo le prime note. L’ennesima scoperta di un Gazzè che si riconferma talent scout e valorizzatore di prodotti sopraffini.

Si parlava della sua fase matura. Dei cinquant’anni dietro l’angolo (ne ha ormai quarantasette). E con la saggezza anche quel filo di spocchia che lo ha sempre contraddistinto pare scemata. “Suono perché mi riesce con facilità – ha più volte sottolineato – Altrimenti non lo farei. Sono nato per oziare, non per sacrificarmi”. E forse a qualcuno torna in mente il suo divertente capriccio, sempre made in Montalto, che fino all’ultimo lo tenne sull’esibirsi o meno in quanto il palco (circa una decade addietro) era situato a Pescia Romana. Ci vollero due assessori e una folla impazzita per spiegarli che si trattava d’una frazione, e non di un altro paese. Si convinse a fatica.

Perché Massimiliano da Roma è così. Prendere o lasciare. Gli altri si dannano e lui con (apparente) sufficienza riesce a tirar fuori il meglio. Pochi accordi, sempre giusti. Quel falsetto marchio di fabbrica. I testi geniali del fratello Francesco, che nessun altro potrebbe recitare.

È una gioia per le orecchie. Uno dei pochi che rende piacevole anche il frastuono del basso. Un personaggio che prima di attaccare con l’ultimo pezzo annuncia che chiuderà presto: “Ho mangiato solo un tramezzino, s’è fatta una certa e ho fame”.

Alla prossima sir Gazzè.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    L’ottuso superassessore Barelli invece fa il tutto esaurito al pidocchietto.

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