Se vogliamo essere buoni (e quelli di Viterbopost lo sono, per principio), allora diciamo che l’articolo firmato da Andrea Arena dal titolo “Fondi per la cultura? No, regali di Natale” ha provocato un dibattito piuttosto vivace (ma poco costruttivo). Se invece vogliamo affondare il coltello nella piaga, allora possiamo tranquillamente affermare che, di fronte alla pubblicazione delle cifre distribuite lo scorso anno da palazzo dei Priori a varie associazioni culturali (o considerate tali) viterbesi, sono spuntate tantissime code di paglia (i più distratti si facciano un giro su varie pagine di Facebook). Giacché la sindrome del Nimby (acronimo inglese per ”Not in my backyard, ovverosia “Non nel mio cortile”) è diffusa ovunque, a livello di epidemia.
Il problema però, ci sia consentito fare almeno questa riflessione, è che la polemica è nata proprio sull’idea di palazzo dei Priori di mettere le Macchine di Santa Rosa in piazza durante le festività natalizie. Alzi la mano chi (oltre a formulare critiche di altro tipo) non s’è affrettato subito a dire che quelli erano soldi gettati dalla finestra. E allora, dato che fare il giornalista significa anche e soprattutto essere curioso, ad Andrea Arena è venuto in mente di andare a spulciare nel passato per vedere quanto e come fosse stato speso negli anni precedenti per poter fare qualche paragone. Ne è venuto fuori ciò che è stato pubblicato ieri e che oggi, per i più scettici, viene confermato per filo e per segno dalla delibera (pubblicata in calce) adottata il 28 dicembre 2012, con un impegno di spesa di 57.113 euro (che non sono bruscolini).
Bene. L’anno scorso il Comune finanziò una serie di eventi, sicuramente tutti rispettabili, ma nessuno dei quali è rimasto e rimarrà nella storia della città. Volendo sempre essere buoni, si può affermare che con quei soldi ha consentito a una serie di associazioni di poter dire “ci sono anch’io”, secondo la filosofia cartesiana del “cogito, ergo sum”. Ma se vogliamo farci anche la domanda su un eventuale riscontro benefico che la città ha avuto da quelle manifestazioni, la risposta può essere una sola: nessuno.
Premesso tutto ciò, è chiaro che il problema cultura ha e deve avere due profili ben distinti. Uno di investimento per il territorio, che deve riguardare eventi in grado di incidere sul tessuto sociale (e pure economico) cittadino; l’altro di servizio sociale per tutti quei volenterosi che si danno da fare, magari tra mille difficoltà, e che vanno in qualche modo inclusi in un progetto perché sono comunque utili alla vita cittadina. Ma – e qui casca l’asino, direbbe Totò – confondere e mescolare i due profili significa soltanto dimostrare una grande superbia e pienezza del proprio ego, senza alcun riscontro con la realtà dei fatti.
Per esprimere al meglio questo pensiero si può fare un esempio pedagogico: il contributo elargito lo scorso anno per la Befana e il Carnevale della frazione di Grotte S. Stefano non deve scandalizzare nessuno; ma non si può paragonare con un eventuale impegno economico a favore di Caffeina o per uno spettacolo di grande richiamo al teatro romano di Ferento perché siamo su due piani completamente diversi. Calcisticamente parlando, è come se il Barcellona di Messi, o il Real Madrid di Cristiano Ronaldo, dovesse confrontarsi con la Viterbese-Castrense del comandante Camilli (cui vanno tutte le lodi per non aver fatto morire la società gialloblù).
Tutto questo per dire che ognuno deve avere il suo. Ma che le proporzioni ci devono essere e vanno rispettate. E soprattutto che i piedi devono rimanere ben piantati in terra. Da parte di tutti.
Ps. Viterbopost formula le sue più sentite scuse all’attore Paolo Manganiello, che lo scorso anno ha ricevuto dal Comune 2.500 euro (e non 25.000) per le manifestazioni al teatro tenda. Purtroppo è sfuggito il dito ed è venuto fuori uno zero in più (corretto in giornata). Ma le scuse ci stanno tutte. Così come riportiamo, per correttezza, la cancellazione da una prima stesura di un contributo ad un’associazione che non era quella (errore di stampa e trascrizione, non nostro) e precisiamo che i 9mila euro all’associazione Alta Marea (riportati nella delibera qui sotto) per la Giornata del ricordo non sono mai stati liquidati, visto che l’iniziativa non si è mai svolta. Tutto questo, per la precisione.
La storia è venuta fuori perché si voleva finanziare un’operazione costosa ed impraticabile. Quello che chiedono le associazioni è di fare un cartellone condiviso con l’amministrazione e di utilizzare i POCHI soldi a disposizione per far sviluppare iniziative che, coinvolgendo le realtà culturali del TERRITORIO, offra qualcosa di utile e d’interesse per la città. Certo è, che l’amministrazione deve dare una LINEA POLITICA decidendo se il cartellone deve essere una FIERA DI PAESE, un modo per ELARGIRE SOLDI e prendere VOTI, o qualcosa che possa essere fruito, ricordato, di svago e di innalzamento culturale dei viterbesi.
In ultimo, a Caffeina vengo prevalentemente i Librai Mondadori, Feltrinelli etc a presentare le loro mercanzie. L’unica cosa locale e del TERRITORIO che usano per quella bellissima manifestazione sono le centinaia di volontari viterbesi…ovviamente…. gratuitamente….
Accetto il paragone, anche se non lo condivido. Caffeina e Ferento sono il Real Madrid e il Barcellona, tutto il resto è Poggibonsi e la Viterbese. Allora invece di regalarla a tavolino, giochiamola questa partita! Cosa ha da perdere il Real Madrid con un campo da gioco, una terna arbitrale, un pallone e regole chiare che valgono ovunque, in ogni partita che si gioca nel mondo? Si chiedono regole e bandi, non soldi in regalo a tavolino.
Gentile Sassi,
Questo suo un nuovo articolo chiarisce la sua posizione. chiarendola,
purtroppo, mi fa capire dov’è il vizio di prospettiva. Glielo dico in tutta
franchezza: lei semplifica assurdamente l’articolata realtà culturale viterbese
e in un certo senso anche di molta realtà culturale nazionale e internazionale.
Lei pensa (ma in
realtà non è affatto così) che da una parte ci sia la cultura dei
professionisti, quella di Caffeina, I Ronaldo insomma, la Cultura con la C
maiuscola, e dall’altra parte c’è una cultura con la c minuscola, che ha diritto di esistere, ma che
non bisogna confondere con la prima.
Per fortuna non è affatto così. Sinceramente penso che anche
lei sia caduto nella contrapposizione tutta bassamente giornalistica, e tendenziosa, di contrapporre
da una parte il grande evento Caffeina e dall’altro le realtà associative. Ma è
appunto una contrapposizione di tipo nominale che non corrisponde con la realtà
delle cose. E che dimostra che se c’è una cosa davvero provinciale a Viterbo è
il modo di discutere di cultura, soprattutto da parte di molti sedicenti
operatori culturali.
Cerco di chiarirle alcuni punti della questione, o così
spero, facendo riferimento ai fatti .
Tanto per cominciare il termine associazione non è
necessariamente una cosa qualitativamente inferiore rispetto a una fondazione
culturale o ad un festival, visto che anche il Teatro di Roma è una
associazione e molti enti musicali e teatrali nazionali e internazionali lo
sono.
Poi, in quella che lei individua come la seconda classe, i
NON-RONALDO, ci sono delle realtà che hanno una indubbia qualità culturale
superiore rispetto a Caffeina, contro la quale, sia chiaro non ho nulla, se non
il fatto di pensare che non può egemonizzare tutto, a cominciare dalle risorse.
Se Per esempio, c’è il Festival Resist, dell’Arci, che non avrà i numeri da
sagra del fagiolo di Caffeina, ma i suoi duemila o tremila spettatori li porta.
Ma soprattutto è conosciuto a livello nazionale e svolge anche una funzione di
rappresentazione di contenuti culturali civili, forse un po’ più di spessore di
Niccolò Fabi o altri personaggi televisivi fatti sfilare a Caffeina.
Oppure, c’è il Festival Qda Quartieri dell’arte, diretto da
Gian Maria Cervo,e per il quale io da qualche hanno svolgo la funzione di
curatore. Un festival, e non siamo noi a dirlo ma la stampa nazionale ed
internazionale, che svolge da più di 18
anni un lavoro che è stato definito da Repubblica una Silicon Valley del Teatro
Italiano http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/09/01/quartieri-dellarte.html
Lei dice a un certo punto che nulla di significativo e degno
di essere ricordato è uscito dal settore dei non Ronaldo. Mi dispiace
contraddirla. Ma solo noi – mi riferisco
agli ultimi due anni- abbiamo portato degli spettacoli di successo che la stampa
nazionale e internazionale (Der Spiegel in primis) hanno seguito con grande
attenzione riconoscendoci un valore indiscusso per la produzione culturale
teatrale europea. Tanto per fare due esempi, quest’anno abbiamo ospitato nel
Palazzo dei Priori la Volksbühne di
Berlino (uno dei massimi enti teatrali mondiali, ma immagino che lei la conosca
bene) con uno spettacolo in tedesco con i sottotitoli al quale hanno
partecipato più di 100 persone; un nostro spettacolo dello scorso anno Call me God, prodotto con il Teatro Argentina
e definito dalla stampa uno dei migliori degli ultimi dieci anni, è ancora in
scena al Deutsches Theater di Berlino avendo raccolto più di 4000 spettatori.
Ma più che sfoggiare successi, che lo trovo sempre poco
elegante, mi soffermerei su un problema di metodo. Mi spiego: un tipo di ragionamenti
di cui la sua analisi semplificativa (molto semplificativa) non tiene affatto
conto purtroppo è quello della produzione culturale. Dalla sua tremenda
analogia, me lo lasci dire con tutto il rispetto, tremenda perché completamente
infondata , si evince che tra i Ronaldo e giocatori amatoriali, si faccia lo
stesso lavoro. E invece no. Parlo quanto meno per la mia realtà: noi produciamo
solo prime teatrali e questa è appunto tecnicamente produzione culturale. Mentre invece Caffeina svolge un ruolo
completamente diverso: fa sfilare personaggi la cui reputazione culturale è perlopiù
legittimata dalla televisione, ed è pertanto un contenitore culturale che per alcune settimane svolge un importante
funzione di animazione del centro storico. E sia ben intenso se uno volesse
usare metafore appropriate, pescando nell’ambito delle analogie gastronomiche
fruibili a tutti, Caffeina è più un buon discount affollato, tutt’altra cosa rispetto
a una azienda di prodotti Doc o DOCG, scelga pure lei quale delle due.
Scrivendo mi rendo conto che ancora, a Viterbo, molti non si
rendano conto che la città sta vivendo da anni un contrasto di paradigmi
culturali e che sarebbe bene avviare una discussione seria, ma basata su
criteri nazionali e internazionali, non su cliché provinciali come quello di
portare un personaggio come Sgarbi a San Pellegrino solo perché fa audience.
Oppure come quello di paragonare la cultura al petrolio. Uno slogan anni
novanta del tutto stupido perché basato su una visione dei processi culturali del
tutto banale. Ma più che altro, al di là delle polemiche, che tutti questi
modelli di cultura dovrebbero essere garantiti e integrati dall’amministrazione
pubblica, e non schiacciati sulla presunta (e direi molto presunta) superiorità
di alcuni.
La ringrazio molto dei suoi articoli che mi danno la
possibilità di scrivere queste cose che
penso da tempo.
Cordialmente
Manuel Anselmi
Posso accettare il paragone tra Barcellona e Viterbese anche se grandi spettacoli e piccole manifestazioni giocano su un piano differente. Uno è professionismo l’altro è associazionismo. Sarebbe quindi importante che l’associazionismo faccia associazionismo (scopo sociale) ed il professionista faccia il professionista (scopo culturale a fin di lucro).
Il problema però è di livello un pò più alto e credo che lo spulciare le carte sia servito quantomeno a far discutere di questo argomento. Lo spiego con lo stesso gergo calcistico. Uno che fa il giocatore in campo non può giocarsi le partite alla SNAI. Lo scorso anno è apparso evidente come tanti soldi sono andati a tante associazioni i cui presidenti erano candidati alle elezioni Comunali. E su questo punto non si salva né Barcellona e né Viterbese.
Vanno fatti grandi eventi e vanno finanziate tante associazioni. Ma va fatto in trasparenza e non mischiando la rilevanza di un soggetto con le spese da sostenere per un evento. Ma a noi piace giocare all’italiana. Catenaccio catenaccio catenaccio
è bello notare, anche da profani, come tante associazioni siano riconducibili agli stessi personaggi, giovani rampanti d’area destrorsa/forzitaliota…e come tali personaggi siano dei veri catalizzatori di fondi per avvenimenti che definire inutili è già tanto
poi se questi personaggi/associazioni/contributi – tra l’altro elargiti proprio in chiusura d’anno, come a dire “tocca magnà tutto prima della scadenza” – vengono messi sullo stesso piano di altre associazioni che si sbattono dall’alba al tramonto (e oltre) per portare qualcosa di veramente UTILE e memorabile in questo triste territorio, beh, allora siamo ancora a guelfi e ghibellini
senza neanche riuscire a distinguere, noi che ci riempiamo la bocca di parole come CULTURA, la differente portata che possono avere alcune manifestazioni rispetto alla cartellonistica carnevalesca o all’imbonimento da prima repubblica
p.s. per la cronaca non faccio parte di nessuna associazione e credo nelle cose fatte in autoproduzione, dal basso, senza padrini nè padroni
La verità, e le cifre la confermano senza ambiguità, è che a Viterbo la kultura, lauti contributi pubblici compresi (soprattutto), è da oltre un lustro appannaggio quasi esclusivo dell’ex portaborse di Buontempo, Tremaglia, Scajola e Fini, al secolo Filippo Rossi da Trieste, e della sua nauseabonda kaffeina. Le altre associazioni si sono sempre accontentate delle briciole, più o meno consistenti (a seconda del loro padrino politico). Il problema, e che problema!, è scoppiato quando kaffeina s’è fatta lista civica e, in base a un accordo politico, ha ottenuto l’assessorato alla kultura. Ovvio che ora le altre associazione, alcune delle quali legate al carro del vecchio centrodestra, temano che, accontentati gli insaziabili appetiti di kaffeina, le siano destinate briciole sempre più infinitesime (e poi c’è la crisi, i soldi sono meno, eccetera, eccetera). E il marchio kaffeina-vivaviterbo apposto ad alcuni eventi (sic) come l’omaggio a Gaber e il convegno su Halloween (!), non è che siano un buon biglietto di presentazione per l’eterodiretto (da Filippo Rossi da Trieste) ottuso superassessore alla kultura Barelli. La soluzione è una sola, radicale ma inevitabile: cacciare Barelli e i vivaviterbicoli (che, a nostro avviso, sono stati del tutto ininfluenti per la vittoria di Michelini) all’amministrazione comunale (conflitto d’interesse: do you remember?) e incominciare a distribuire i soldi destinati alla cultura (finalmente senza kappa e senza kaffeina), pochi o tanti che siano, ai progetti più validi, scelti non secondo la logica della mancetta inevitabile o dei padrinaggi politici ma della loro intrinseca validità. Per fare tutto questo ci vuole però una certa dose di coraggio. Speriamo che Michelini, nonostante la provenienza democristiana non faccia ben sperare, l’abbia.