In questi tempi di decrescita infelice, di fughe di cervelli, di incertezze e di tasse, capita l’impossibile. Cioé che qualche matto si metta in testa di aprire un locale “per sommistrazione di alimenti” proprio qui, a Viterbo, magari nel centro storico. Roba da pazzi, appunto. Attaccare la crisi frontalmente, caricarla a testa bassa, sfidarla sul suo stesso campo di battaglia; l’economia. Fare economia affinché la stessa si riprenda. Ci vogliono gli attributi, per attuare una cosa così. E però ecco che nonostante il coraggio, la forza di volontà, qualche soldo messo da parte (o preso in prestito tra mille difficoltà), e tutte le buone intenzioni del mondo, arriva il muro di gomma contro il quale c’è poco da fare. La burocrazia.
Spiega la segretaria provinciale della Cgil, Miranda Perinelli, una che ha la situazione sotto controllo per un sacco di motivi: “Come sindacato abbiamo ricevuto diverse segnalazioni sugli ostacoli che un imprenditore trova sul suo percorso quando vuole aprire un locale a Viterbo. Abbiamo parlato con giovani e meno giovani che vorrebbero aprire un’attività, e tutti ci hanno riportato gli stessi problemi”. Quali? Vanno ricercati nell’apposito regolamento comunale, approvato dal consiglio nel 2010, regnante la precedente amministrazione. “Nel quale – spiega Perinelli – ci sono diverse norme restrittive, troppo restrittive, per coloro che intendono avviare una nuova attività. E che andrebbero modificate, per venire incontro alle esigenze di chi, pur con tutte le difficoltà del momento, vorrebbe soltanto lavorare. E che magari creerebbe a sua volta occupazione”. E allora, andiamolo a vedere nel dettaglio, il regolamento.
A parte l’incredibile sfilza di richieste di certificati, autorizzazioni, permessi e contro permessi, che fanno parte del meraviglioso gioco dell’italica burocrazia, ci sono un paio di punti che stonano a prima vista. Parliamo dei requisiti. Chi vuole aprire un’attività per la somministrazione di alimenti e bevande all’interno delle mura civiche (l’area forse più pregiata, ma anche quella più antica e con meno spazi a disposizione), deve disporre di un locale grande almeno 45 metri quadri, e che abbia almeno 20 posti a sedere. Di meno, non si può. E viene da immaginarsi quanto sia difficile rispettare queste richieste, anche da un punto di vista logistico e fisico (banconi, tavoli, sedie, frigoriferi e tutto il resto). Ma non basta. Per quando riguarda i bar, questi debbono avere “un servizio igienico esclusivo per i clienti”. Come dire: i dipendenti debbono avere un bagno tutto per loro, con altri problemi di spazio e di ingombri. Nei ristoranti, invece, oltre ai gabinetti previsti per legge, si deve avere un bagno attrezzato per i disabili o, in alternativa, entrambi i servizi per uomini e donne che possano accoglierli.
Da qui allora, l’appello di Perinelli e la pronta risposta di Tonino Delli Iaconi, assessore allo Sviluppo economico e alle Attività produttive: “Abbiamo già iniziato le consultazioni con le associazioni degli operatori economici e dei consumatori per adattare il regolamento dei pubblici esercizi alle nuove normative – scrive Delli Iaconi in una nota . Condivido anche l’esigenza di spianare la strada ai giovani che tentano di sopperire alla mancanza di lavoro diventanto imprenditori di se stessi. Questa amministrazione sta tentando di migliorare la qualità funzionale ed estetica dell’offerta dei pubblici esercizi nella parte più pregiata del centro storico, perchè siamo convinti che valorizzare davvero il cuore della nostra città significhi farlo diventare un gioiello. Le due esigenze non debbono però creare contraddizioni. Nella città c’è spazio per realizzare iniziative di vario tipo e rivolte a diversi segmenti di mercato. Per quanto riguarda invece i costi della burocrazia, dobbiamo considerare che per l’apertura di nuovi locali si chiede soltanto la dichiarazione di un tecnico che possa asseverare il possesso dei requisiti del richiedente. Il Comune di Viterbo non richiede nessuna spesa per la pratica, a differenza di tanti altri comuni ed enti. Infine, i potenziali imprenditori, ma anche quelli già operanti nel centro storico, possono ottenere contributi sugli investimenti per nuovi esercizi o per l’ammodernamento di quelli esistenti, grazie ai bandi che rientrano nel progetto Plus, aperti fino al prossimo marzo”.
La Cgil: “Un regolamento da modificare”
di Andrea Arena
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I locali al centro ormai non aprono, chiudono.