Si chiama Marco. Scorsini è il cognome. Di mestiere fa l’allenatore. E stavolta ha vinto. Punto. Alzi la mano chi ci avrebbe scommesso un euro. Probabilmente in pochi. O almeno, solo quelli che lo conoscono bene. Già, perché agli occhi di un esperto (o meglio, di un malato di pallone) ci poteva stare che il modesto Monterosi inchiodasse la corrazzata Viterbese sul 2-1.
È bastato, come se fosse poco, un capolavoro tecnico. Quello del mister. Che è stato, è, e rimarrà sempre, patrimonio provinciale calcistico. Prima da difensore, ora da tecnico. Chissà se qualcuno se ne accorgerà prima o poi… “Non sono né Sacchi né Capello – chiarisce proprio Scorsini – Noi si gioca la mattina, i gialloblu di pomeriggio. Me li sono studiati nel miglior modo possibile, ma non per questo ho la presunzione di dire che ho trovato il modo per batterli. Sapevo che pescare tre punti con loro non sarebbe stato facile. Anzi”.
Il solito modesto. Il solito Scorsini. Quello che un tempo dirigeva il reparto arretrato del Grosseto, da professionista. Alla corte, strano gioco del distino, proprio del patron Camilli. “La Viterbese è fortissima – quasi giustifica gli avversari – E tutti la aspettano. In pratica hanno trenta finali in calendario. Noi una sola. E l’abbiamo vinta, con umiltà. Il presidente Cialli in estate mi ha chiestola salvezza e qualche piccola soddisfazione. Oggi ce la siamo tolta una grandissima. Dedico il successo a lui. Senza dimenticare i miei ragazzi. Stupendi”.
C’è poco da aggiungere. Se non che Marco da tre anni a questa parte (i primi due ad Anguillara) ha finalmente trovato realtà che credono nell’uomo e non nella politica dei soldoni. Che le brutte esperienze di Cassino, Montecchio, Soriano, sono ormai storie archiviate. Che il suo Monterosi, partito con una scarpa e una ciabatta, ha 19 punti (uno meno della truppa di Pirozzi), è terzo in classifica, ha la seconda miglior difesa e costa poco più di una Panda usata. Segno evidente che l’allenatore ha creato un vero gruppo. Ha, con il suo fare maniacale, plasmato una ventina di sbarbati (più una manciata di saggi) a sua immagine e somiglianza.
C’è chi lo critica per il suo ritiro lungo e doloroso. Chi non lo ama perché esige un allenamento in più. Chi non giocherebbe mai con lui perché durante la settimana la palla te la fa vedere poco. I gradoni molto più frequentemente. Chi non lo ingaggia perché non accetta suggerimenti prima di stilare l’undici. Chi gli ha dato l’appellativo fastidioso di “Mourinho della Tuscia”. Chi lo prende per pazzo perché arriva al campo due ore prima di tutti. E chi non gli risponde al telefono perché ha un record personale di chiamata: 128 minuti tutti schemi e moduli.
E poi ci sono quelli che lo stanno a sentire. Quelli che sono terzi in classifica in Eccellenza per esempio. E che non vinceranno il campionato magari, ma il derby con la Viterbese se lo sono già pappato. E ti pare poco.