Malgrado continuino a cambiare nome, non diminuisce l’impatto sugli imprenditori delle tasse sugli immobili produttivi. A partire dal 1° gennaio 2014, per l’effetto combinato di Imu e della nuova Trise (Tari, destinata a coprire i costi per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e Tasi, destinata a coprire i costi per i servizi indivisibile dei Comuni), la tassazione immobiliare sulle imprese aumenterà fino a 1,1 miliardi di euro, pari a al 9,6% in più rispetto al 2013 e al 51,4% rispetto al 2011. Il dato emerge da uno studio elaborato dall’Ufficio Studi di Confartigianato, che ha calcolato l’aumento in base all’ipotesi più probabile dell’applicazione dell’aliquota TASI intermedia dell’1,9 per mille.
«I dati forniti dallo studio – interviene Andrea De Simone, direttore di Confartigianato Imprese di Viterbo – rendono fedelmente la situazione economica in cui versa, da ormai troppo tempo e malgrado i ripetuti allarmi, il nostro Paese. Le famiglie vivono una condizione di forte difficoltà per la quale è sempre più difficile far quadrare i conti e, contemporaneamente, gli effetti della crisi sul mondo del lavoro portano la disoccupazione a livelli mai così alti e le imprese sono condannate dai costi sempre maggiori delle imposte. L’immagine dell’Italia alla fine del 2013 è caratterizzata da tinte drammaticamente fosche».
L’inizio del prossimo anno, quindi, sarà caratterizzato dall’impatto dell’Imu sugli immobili strumentali delle aziende, unito a quello della Trise sui rifiuti e indivisibili, che si attesterà a 12,8 miliardi di euro: in particolare, per quanto riguarda la prima tassa le imprese pagheranno 7,3 miliardi (+50,4% rispetto al 2011), mentre per la Trise il costo sarà pari a 5,5 miliardi (+52,8% rispetto al 2011). Come rileva lo studio, tra il 2011 e il 2014, l’aumento medio annuo della tassazione immobiliare sulle imprese è stato del 14,8/%.
«Un aumento – incalza De Simone – che mal si accosta al calo di fatturato delle imprese causato dalla crisi (tra il 2010 e il 2013 il fatturato delle imprese manifatturiere è diminuito dello 0,5%, quello delle imprese di costruzioni è sceso del 9,4% e per le aziende del commercio è calato dell’1,2%; ndr). Non è difficile prevedere quali saranno gli effetti di questo aumento sui quelle imprese già duramente provate da un quinquennio inclemente».
Non solo, all’impatto dei nuovi tributi si somma il paradosso contenuto nella legge di stabilità per la quale l’incremento della tassazione derivante da Imu e Trise finirà per annullare le misure per ridurre il carico fiscale sul costo del lavoro che le imprese sostengono. «In altre parole – continua il direttore – anziché andare incontro alle esigenze degli imprenditori, veri e propri motori dell’economia nazionale, si stanno sommando ostacoli su ostacoli. Tassare gli immobili produttivi, ovvero i laboratori degli imprenditori, come se fossero beni di lusso equivale a non avere rispetto delle difficoltà che quotidianamente decretano la fine delle nostre imprese. Siamo ad un paradosso odioso ed ingiustificabile per il quale, alla fine dei conti, a pagare sono sempre le nostre imprese, che subiscono ripetutamente gli aumenti irragionevoli di una pressione fiscale che in equamente ricade sulle categorie produttive».