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Cultura, le proteste? Paura del cambiamento

culturaQuando nel 1994 Silvio Berlusconi andò al potere annunciò nel Paese una grande rivoluzione liberale. E giù tutti ad applaudire e ad osannarlo, forse senza neanche comprendere cosa significasse. A distanza di quasi vent’anni i fatti parlano da soli: quella rivoluzione è rimasta nel cassetto e le varie caste hanno continuato imperterrite a godere di privilegi e diritti acquisiti nel corso degli anni. Pronte a mettere le barricate caso mai qualcuno avesse provato a cambiare qualcosa che non doveva essere assolutamente essere cambiato (per avere la prova di ciò chiedere a tale Pierluigi Bersani quanti insulti dovette prendersi quando, da ministro dello Sviluppo economico, provò a fare le liberalizzazioni).

Purtroppo, questa è l’Italia. Dove tutti vogliono cambiare le cose, purché non si tocchino le proprie, ma solo quelle degli altri. Non è un problema politico, ma forse di Dna. Nel senso che gli italiani sono fatti così. E i più preferiscono le scorciatoie (di qualsiasi tipo) a quella che dovrebbe essere una sana competizione basata sulle idee e sulle leggi di mercato. Così come la filosofia liberale imporrebbe.

Il problema della cultura a Viterbo, esploso in questi ultimi giorni con una marea di polemiche di ogni tipo, è solo lo specchio del Paese. Di questo Paese. Giacché le proteste sono nate, in fondo, per un unico motivo: il timore di non avere più quello che si era avuto per tanti anni e che ormai si dava per acquisito. Che il re è nudo lo ha illustrato ieri Andrea Arena su questo sito con l’intervista a una ragazza (Signora? Donna?) che fino a poco tempo fa dirigeva un’associazione culturale. E che ha raccontato come funzionava il sistema fino a poco tempo fa e qual è stato il vero motivo che ha portato la tensione a questo livello.

Certo, nel giugno scorso a Viterbo c’è stato uno stravolgimento politico. Il centrosinistra è andato al potere dopo vent’anni di strapotere del centrodestra. Che, nel bene o nel male, aveva fatto sì che certe posizioni si sedimentassero. Ed ad aggravare ancor più la situazione ci si è messa l’elezione in maggioranza di tale Filippo Rossi, diventato improvvisamente politico, ma sempre direttore artistico di Caffeina (l’essersi dimesso da presidente della Fondazione conta poco o nulla, dal punto di vista sostanziale), una manifestazione che rischia di mangiarsi con un solo boccone tutte le altre.

Ora, Comune e associazioni stanno litigando sul nuovo regolamento per l’elargizione dei contributi. E le associazioni alzano la voce perché non si fidano (e a questo punto mi si consenta di reiterare una mia umilissima opinione più volte espressa: Filippo Rossi avrebbe fatto bene a continuare a fare ciò che faceva molto bene, senza la smania di diventare politico) e temono di perdere il mangime che fino a ieri era stato loro erogato.

Per questo palazzo dei Priori si trova in una situazione molto complicata che potrebbe portare in qualsiasi momento a una vera e propria ribellione. Ed è quindi indispensabile che agisca nella più assoluta trasparenza e su criteri che siano il più possibile oggettivi. Scremando tra le centinaia di richieste e valutando le proposte sulla base della qualità, della capacità di attrazione del pubblico, della possibilità di diffusione anche fuori del territorio comunale. Perché di eventi ai quali partecipavano dalle 15 alle 50 persone in questi anni se ne sono visti fin troppi (e non li cito per carità di patria).

Se sarà in grado di tenere la barra al centro, gli scontenti urleranno ugualmente, ma avrà fatto un grande servizio alla città.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Caro Sassi, non sia così umilissimo: il problema sono solo Filippo Rossi da Trieste, il suo ottuso ed eterodiretto superasessore Barelli e il loro lampante conflitto d’interesse (Viva Viterbo non è altri – questo l’ha capito pure Sassi e i sassi stessi – che il braccio politico della nauseabonda manifestazione sedicente kulturale kaffeina). Il buon Michelini cacci (a calci in c. o con una commossa perorazione, faccia lui) i vivaviterbicoli dalla giunta e vedrà che la discussione sui finanziamenti alla cultura sarà quanto meno più pacata. Provare per credere, per dirla con il compianto Guido Angeli.

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