La nuova tragedia è avvenuta. L’ennesima e, disgraziatamente, annunciata. Che ha visto sulle coste di Lampedusa, frontiera meridionale dell’Unione europea, la morte e la disperazione di uomini, donne e bambini migranti. Io credo che le immagini e le testimonianze di quanto accaduto impongano una presa di coscienza da parte di tutti, cittadini, enti locali, istituzioni nazionali e comunitarie per mettere finalmente in campo azioni conseguenti, concrete e immediate. Perché non può essere consentito morire in questo modo, fingendo di non vedere corpi ammassati su barconi, né sentire le grida di aiuto e le voci di speranza;
Eppure, nel mese di novembre scorso, dopo qualche mese dalla sua elezione, il sindaco di Lampedusa e Linosa, Giusi Nicolini scriveva: “Sono il nuovo sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa. Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?”
“Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce. Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra. Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente”.
“Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa motivo di vergogna e disonore. In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche. Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umane a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza”.
Purtroppo manca una seria politica dell’immigrazione basata sull’inclusione, sulla solidarietà e sulla cooperazione internazionale, nonostante la lucida analisi del Commissario europeo per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, secondo la quale “L’Ue e i suoi Stati membri possono svolgere un ruolo cruciale per stimolare una maggiore cooperazione internazionale in materia di migrazione e sviluppo. L’Ue può offrire e condividere la propria esperienza riguardo alle principali questioni di interesse per la comunità mondiale: promuovere la tutela dei diritti umani di tutti i migranti, fornire assistenza nelle situazioni che ne mettono a rischio la vita e portare avanti la mobilità del lavoro a livello regionale e internazionale”;
E allora, considerato il silenzio assordante delle istituzioni e dei governi centrali europei a proposito di uomini, donne e bambini migranti che ogni giorno muoiono in mare, nel nostro Mediterraneo; considerata l’inutilità, dinanzi a simili tragedie, di provare e mostrare indignazione e rabbia; atteso che le comunità locali possono fare molto in tema di migrazione e sensibilizzazione, portando avanti progetti e iniziative in collaborazione con scuole, associazioni e portatori d’interesse collettivo nell’ambito di una concreta integrazione culturale e diffondendo nuovi stili di vita e modelli sociali fondati sull’economia del dono, sulla condivisione e sulla partecipazione diretta dei cittadini; considerato infine che cittadini e istituzioni devono farsi carico con grande senso di responsabilità di questa tragedia, poiché nessuno si salva da solo, proporrò al consiglio provinciale una delibera per lanciare un appello a tutte le istituzioni, in particolare all’Unione europea, affinché rendano attuative politiche inclusive e rispettose dei diritti umani e civili e soprattutto intervengano con coraggio e decisione per non consentire più simili tragedie, nel rispetto della dignità umana e di di invitare i Comuni e i portatori di interesse a sostenere l’appello ” Non possono più morire così”.