E’ quasi finita, la cena è quasi pronta, quando dalla notte di Castel d’Asso sbuca il consigliere regionale Enrico Panunzi. Il secondo rappresentante istituzionale che si è degnato di partecipare – portando omaggi e semmai buone notizie – all’assemblea generale dei soci della Fondazione Caffeina. L’altro è l’assessore comunale alla Cultura, Giacomo Barelli, che però non fa testo visto che con Caffeina gioca in casa.
Dove sono, allora, queste benedette istituzioni? Cosa fanno per il festival che l’estate scorsa – alla settima edizione ha portato quattrocentomila (diconsi 400mila) persone ad inzuppare il biscotto nel brodo culturale? Poco, o nulla, sentire le cifre dei contributi ricevuti nel corso degli anni, snocciolati, con accuretezza da commercialista, dal presidente della Fondazione stessa, Michele Pepponi: “Sapete quanto ci ha dato la Regione in sette anni di Caffeina? Trentamila euro in totale. Dei contributi del Comune meglio non parlare neanche”. Forse per pietas, o forse perché il Comune non ha mai cacciato una lira.
E allora, possibile che il festival più eccitante del mondo (a parte certi festival colombiani), possa chiudere i battenti? “E’ appena successo al festival internazionale di giornalismo di Perugia, agli organizzatori del quale esprimiamo tutta la nostra solidarietà. Eppure lì prendevano cifre notevoli, al confronto delle quali le nostre sono imbarazzanti, sia dalla Regione, sia dal Comune, sia dalla Camera di commercio. Sì, i festival chiudono, bisogna metterlo in conto”. Oppure si spostano altrove, dove l’erba è più verde e ci si può abbeverare ai fresche sorgenti di montagna. “Qualche giorno fa abbiamo ricevuto una chiamata. Dalla Val d’Orcia – informa Pepponi, un po’ buttandola là un po’ forse cercando il colpo di teatro -, ci hanno offerto di organizzare un festival culturale in cinque comuni, Pienza, Montalcino, Radicofani, San Quirico e Castiglione d’Orcia. Ci stiamo pensando”. Segno che il lavoro svolto lo scorso settembre proprio a Pienza, per l’emporio letterario, è piaciuto da matti, e si vuole ampliarlo in un posto che oltre al vino, al tartufo e alle terre di Siena è anche patrimonio dell’Unesco. Paradossi culturali, cortocircuiti da manicomio: se Caffeina fatica a sfondare a Viterbo (rendendola “la capitale della cultura italiana per una dozzzina di giorni”, come dice il direttore artistico Filippo Rossi), solletica sempre più l’interesse del vicino. Che spesso mette sul piatto offerte irrinunciabili, margini di guadagno e soprattutto di crescita: “infatti stiamo pensando a commissionare uno studio su quanto smuova il nostro appuntamento a livello di indotto”, precisa Pepponi. Numeri da eventualmente porre all’attenzione di chi di dovere, giusto per far capire quanto vale Caffeina.
E così torniamo al punto di partenza, con Pepponi che si trova a ripetere alla platea dei soci raccolti al realais Alla Corte delle Terme, quello che aveva già anticipato al Post ieri: “Voi, cittadini, commercianti, soci, voi cinquecento e oltre, avete fatto il vostro, e anche di più. Ma per crescere non ce la possiamo fare da soli, serve l’aiuto delle istituzioni, della Regione, del Comune e delle associazioni. Perché abbiamo tante idee, ma la situazione è al limite, e non possiamo farcela senza il coinvolgimento delle istituzioni. Chi non crede a Caffeina, a questo punto, non crede nell’unica risorsa naturale che offre questo territorio. Il nostro petrolio. Ma oggi è il nostro primo compleanno, fatemi essere ottimisti”.
Tutte panzane, per usare un termine di gran moda. La nauseabonda kaffeina, che millanta senza sprezzo del ridicolo le 400.000 mila (inesistenti) presenze dell’ultima edizione, è sempre stato petrolio per le tasche di Filippo Rossi da Trieste e Andrea Baffo da Michelini (già da Marini) e per gli ospiti ben contenti di farsi pagare vitto, alloggio e gettone di presenza. Il padroncino Pepponi, che è l’ultimo arrivato alla greppia del pubblico danaro, è entrato da poco nell’affare e vuole subito vedere qualche profitto. E’ comprensibile, ma se non è solo un “figlio di” si ingegni a ricavare soldi da qualcosa di diverso che dall’ormai esausta cornucopia statale.
Io auspico che Caffeina riesca a rimanere a Viterbo, perchè la ritengo la sola iniziativa valida (dove sono le altre?!) che offre il nostro territorio. Ma si tratta di una sfida difficile, me ne rendo conto. Considerata poi la trasferta positiva a Pienza, sarebbe legittimo e più che comprensibile il suo trasferimento.
Non credo sia giusto parlarne in questi termini, disprezzando il lavoro di tante persone che ci lavorano con passione: a cominciare da Rossi e Baffo per finire coi volontari, dei quali anch’io faccio parte. Mi dispiace riconoscerlo, ma Viterbo non se lo merita questo festival.
Dare le perle ai porci.
Visto che, molto democraticamente, avete eliminato il nostro commento, forse sarebbe il caso di eliminare anche la risposta al commento che non c’è più. Ad ogni modo, lo ribadiamo una volta di più: niente più soldi pubblici alla nauseabonda kaffeina. Dobloni ai cialtroni stop.