L’arsenico tracima. E rischia di travolgere tutti, come una vera e propria valanga. Giacché la gestione idrica continua a far acqua da tutte le parti. Dalle fontanelle che non funzionano (forse perché colpite dalla maledizione degli Etruschi), ai dearsenificatori che non saranno pronti per il 30 settembre prossimo (e allora i sindaci si ritroveranno con l’ennesimo problema di dove vietare in toto l’uso dell’acqua), alla nomina del nuovo Cda di Talete con conseguente ristrutturazione del debito (che nessuno vuole fare, perché la politica quando deve assumersi le responsabilità sa solo rinviare, come sta insegnando proprio Enrico Letta), all’ultima ciliegina sulla torta che riguarda la sentenza del Giudice di pace in merito al ricorso presentato da un ristoratore costretto a comperarsi da solo un dearsenificatore per poter continuare a lavorare.
Ed è proprio su quest’ultimo aspetto della questione che punta l’indice Giammaria Santucci, consigliere comunale di FondAzione, l’associazione che s’è presa la briga di assistere coloro che hanno chiesto il risarcimento danni.
“Durante l’ultimo consiglio comunale – dice Santucci – ho presentato sull’argomento un’interrogazione e ho visto con sorpresa che tutti sono caduti dalle nuvole. Nessuno, dal sindaco agli assessori, era informato della cosa”. La sentenza ha stabilito fondamentalmente due cose. La prima: che il giudizio è di competenza del giudice ordinario e non di quello amministrativo. La seconda: che alle parti chiamate in causa dall’autore del ricorso (Ministero dell’ambiente, Regione, Provincia, Talete e Comune di Viterbo) va aggiunta anche l’Ato, cosa che è stata tra l’altro richiesta dai legali dei convenuti.
“Anche questo atteggiamento dei legali delle difese mi ha sorpreso – continua Santucci – giacché credo che aggiunga danno al danno. Il ricorso infatti era stato fatto nei confronti di tutti perché il privato il contratto lo stipula col Comune; ma stabilire le responsabilità dei rispettivi enti è complicato, come del resto afferma anche il giudice, proprio per la confusione di competenze esistente in materia. E poi, un problema come quello dell’arsenico non lo possono risolvere i sngoli comuni, visto che servono investimenti pesanti”.
E invece, cosa è accaduto? “E’ accaduto che – dice ancora Santucci – invece di farsi garantire da Regione e Ministero dell’ambiente, il Comune di Viterbo ha preferito chiamare in causa l’Ato e il giudice ha accettato la richiesta”.
E allora? “E allora – ribatte il consigliere di FondAzione – nel caso il ristoratore viterbese dovesse vincere il ricorso a pagare sarebbero, in quota parte, anche tutti gli altri comuni facenti parte dell’Ato. E questo rischia di creare un effetto domino, dal momento che un ricorso presentato da un gestore di Tarquinia o di Montefiascone ricadrebbe anche nelle tasche del Comune di Viterbo”.
Insomma, un bel pasticcio. Ma per il momento all’interrogazione di Santucci nessuno ha risposto. “Io attendo con fiducia, ma vorrei chiedere al sindaco chi ha stabilito la strategia da tenere in udienza, oppure se il legale ha fatto tutto di testa sua. Certo è che la prossima udienza è stata fissata per il 20 novembre. E di tempo non ce n’è poi tanto”.
C’è aria di elezioni e di cadreghe? Torna a sproloquiare il Sor Santucci. Dài Gianmarì, che a lavorare alla regione mica vengono i calli alle mani!