Una marcatura a uomo. Asfissiante. Per intimidire, e ottenere in cambio quello che gli serve per la sua inchiesta giornalistica sulla Asl. Nonostante colui che viene marcato sia stato arrestato, e che si trovava “in una condizione psicologica estremamente labile in conseguenza delle ripercussioni che il mio arresto aveva avuto nella mia famiglia, soprattutto nei confronti dei miei figli minori”. Lo ammette lo stesso Ferdinando Selvaggini, che nella storia della presunta Macchina del fango che vede coinvolto, tra gli altri, il giornalista Paolo Gianlorenzo, ci finisce solo come persona informata dei fatti, mentre Selvaggini risulta tra i 32 rinviati a giudizio dell’inchiesta sulla Asl. E agli inquirenti della Polizia stradale racconta per filo e per segno come lo stesso Gianlorenzo lo abbia tampinato, spesso con metodi poco ortodossi.
Secondo Selvaggini, la persecuzione inizia nel 2009, prima del suo arresto: “All’epoca Gianlorenzo mi invitava ad entrare nella sua squadra, così si esprimeva – dice Selvaggini agli investigatori – Mi chiedeva di fornirgli informazioni e documenti inerenti varie vicende. Mi diceva che se non prendevo le distanze da Aloisio (ex direttore generale, ndr) e invece collaboravo con lui, sarei andato incontro a problemi seri. Però io non volevo fornire a Gianlorenzo notizie e documenti riservati, e per un certo periodo sul quotidiano Nuovo Viterbo Oggi, da lui diretto, è uscita una serie di articolo molto forti nei miei confronti, nei quali mi attaccava, ipotizzando un mio personale coinvolgimento nel malaffare della Asl”. Come dire: tu non mi dai una mano, io ti massacro sul giornale.
Ad inizio luglio del 2009, Selvaggini poi viene arrestato. Mentre Selvaggini è in cella, su Nuovo Viterbo Oggi aveva continuato a pubblicare articoli molto violenti su Selvaggini “tra cui un fotomontaggio con un uomo in divisa da carcerato con la palla al piede e la mia testa attaccata”. Dopo la sua liberazione, ecco che Gianlorenzo torna a farsi vivo: “Si è presentato e mi ha detto ‘ha visto cosa ti è successo? Se mi avessi dato ascolto non ti saresti trovato nei guai’. In questo periodo Gianlorenzo mi invitava spesso nella sua redazione sulla Cassia, sottoponendomi molto materiale investigativo e chiedendomi informazioni e spiegazioni su alcuni passaggi”. Selvaggini racconta di carte riservate, relative all’inchiesta Asl, che non erano pervenute neanche al suo avvocato (cioè al legale di un indagato) mentre erano tranquillamente in possesso del giornalista.
A questo punto, dopo il secondo arresto (autunno 2009) e continuando la pressione psicologica di Gianlorenzo, Selvaggini chiede aiuto al suo avvocato. Per un po’ la situazione si tranquillizza, poi riprendono le richieste, fino “ad un ulteriore episodio che mi ha sconcertato – racconta ancora Selvaggini agli inquirenti – Quando cioè Gianlorenzo si è presentato nel mio ufficio alla Asl, in via Cardarelli, dove alla presenza dei miei colleghi mi ha chiesto di fornirgli la copia di un avviso di conclusioni delle indagini che mi riguardava e del quale ero completamente all’oscuro”.
Ci sono poi le dichiarazioni di Selvaggini che sembrerebbero confermare gli appoggi che Gianlorenzo vantava nei confronti di un sottufficiale e un ufficiale dei carabinieri. Cose naturalmente tutte da confermare. E un finale amaro, come traspare dalle parole dello stesso Selvaggini: “Il tono e il contenuto delle mie conversazioni con Gianlorenzo era il frutto di una strategia precisa, per evitare che mi attaccasse ferocemente sul suo giornale. Le sofferenze patite dalla mia famiglia nel periodo in cui mi attaccava sono state troppo forti e profonde e per tanto il mio unico scopo era quello di salvaguardare la serenità familiare. Credo di esserci riuscito – conclude – perché con questo mio atteggiamento Gianlorenzo ha smesso di rendermi protagonista dei suoi articoli che riguardavano la vicenda Asl”.
Selvaggini, rinviato a giudizio per le malversazione della locale ASL proprio grazie a un’inchiesta di Gianlorenzo, è quello che si dice un testimone attendibile e al di sopra di ogni sospetto.
Tra l’altro l’onesto Selvaggini non è finito in galera per colpa di un destino cinico e baro, ma perché stava intascando una mazzetta.