Una legge che disciplini la riabilitazione equestre. A chiederla è Daniela Zoppi, responsabile del centro equestre di Villa Buon Respiro di Viterbo (gruppo San Raffaele di Roma), a fronte della proposta avanzata dal gruppo della Lega Nord al Consiglio regionale della Lombardia per disciplinare la pet therapy nella sanità.
Come si legge nella proposta presentata, tangibili sono i benefici che si sono potuti registrare negli ultimi anni dalla sperimentazione della terapia, come l’innalzamento dell’umore e delle capacità cognitive nei malati di Alzheimer, l’aumento della capacità relazionali nei casi di disabilità e autismo, la facilitazione dell’autostima e integrazione in casi di disagio sociale. Da qui la richiesta di normare la pet therapy al fine di consentire l’accesso degli animali in tutte strutture residenziali, ospedaliere, pubbliche e private regionali accreditate anche dal servizio sanitario.
Villa Buon Respiro nella riabilitazione cogli animali ha fatto scuola. Qui si trova un centro equestre noto in tutta Italia per il suo spettacolare Carosello, che vede come protagonisti cavalli, asinelli e ragazzi con disabilità psichiche e non.
Ma a Viterbo la struttura è nota anche per le problematiche relative all’accreditamento, che hanno portato allo scoppio di una vertenza ancora non sciolta. Dal 2002 la Regione ha proceduto con accreditamenti provvisori della clinica viterbese per malati psichici. La Asl ha sempre inviato pazienti a Villa Buon Respiro, rimborsando poi le prestazioni per milioni di euro. L’ultimo accreditamento è scaduto il 31 dicembre 2012 e la Regione non lo ha rinnovato. Anzi, il 5 marzo l’ente di via Cristoforo Colombo aveva di fatto decretato la chiusura della struttura, dichiarando illegittime gran parte delle prestazioni: l’accreditamento restava solo per 68 posti letto residenziali e 15 semi-residenziali. Esclusi i 27 posti nelle case-famiglia, altri 25 semiresidenziali e le 100 prestazioni ambulatoriali (per i primi due negata persino l’autorizzazione).
Il gruppo Tosinvest ha presentato ricorso, accolto in tre giorni dal Tar, che ha salvato così i pazienti, altrimenti sfrattati e in mezzo a una strada, visto che in tutto il Viterbese non esiste struttura capace di accogliere questa particolare tipologia di ammalati (molti dei quali rimasti anche senza famigliari). Attualmente l’attività sanitaria prosegue, anche se gli stipendi, a causa di diatribe nella liquidazione delle prestazioni da parte della Asl, continuano ad arrivare in ritardo.