L’aria da bravo ragazzo di paese è sempre quella. Anche se gli anni avanzano (per lui, come per tutti) e qualche capello grigio comincia a spuntare sulla criniera sempre folta. Ma Francesco Battistoni appare sempre serafico, pacato, come del resto è nella sua indole, anche se negli ultimi anni ne ha dovute passare di tutti i colori. La guerra con Angela Birindelli, che gli soffiò il posto d’assessore solo in virtù del fatto d’essere donna; la persecuzione di Paolo Gianlorenzo, che lo voleva distruggere perché la Birindelli lo foraggiava e gli faceva lavorare la moglie; la scoperta dei debiti milionari provocati da Francone Fiorito “er Batman”, con tutto ciò che ne è seguito (comprese le dimissioni da governatore del Lazio di Renata Polverini); la rottura di un’amicizia decennale con Giulio Marini, che lui indica – senza mezzi termini – come colui che ha contribuito a gettarlo nel burrone. Nonostante tutto questo, Francesco da Proceno non ha alcuna intenzione di gettare la spugna: “Per ora penso alla famiglia – dice – e, quanto alla politica, sono in una fase di riflessione. Ma vorrei continuare le mie battaglie: portare avanti la mia idea di modello organizzativo del partito, stare in mezzo alla gente, dare una mano a quegli amministratori che sul territorio stanno in trincea e che sono stati abbandonati dagli organi dirigenti di uno schieramento che a Viterbo non c’è più”.
Senta Battistoni, lei praticamente negli ultimi anni è stato una specie di Robin Hood all’interno del Pdl. Ma non è che il Pdl l’abbia poi premiata. Anzi…
“E’ vero. Questo ruolo nessuno me lo ha riconosciuto. In tutte le vicende che ho vissuto ci sono molti punti grigi da chiarire. Purtroppo, molti amici del mio partito hanno voluto far credere cose diverse. Pensi, all’inizio c’era anche chi stava con Fiorito. Del resto, quei colleghi coraggiosi che insieme a me hanno voluto combattere una battaglia per la legalità sono rimasti tutti a piedi. Ma io credo che il tempo sia galantuomo. Bisogna avere pazienza perché le aree di grigio prima o poi verranno colorate”.
Eppure nel 2010 tutto sembrava girare per il meglio. Aveva battuto Gabbianelli, era stato nominato assessore all’agricoltura. Poi però ci si mise il problema delle quote rosa…
“Già. E io, da uomo di partito, accettai di dimettermi”.
E chi scelse Angela Birindelli? E perché?
“Questa domanda la dovrebbe fare a Giulio Marini. Io avevo in testa un’altra persona e ne feci il nome ai vertici regionali. Poi però, decise Giulio Marini. Disse che era un giovane e bravo tecnico”.
Lei la conosceva?
“Si, ma sapevo solo che dal punto di vista professionale s’era sempre dimostrata capace e disponibile al confronto”.
Poi che successe?
“Ci doveva essere un accordo di condivisione, di intesa. Ma fin dai primi giorni mi accorsi che qualcosa non funzionava. All’inizio pensavo si trattasse di inesperienza. Lei non si consigliava con me, ma preferiva farlo con altri. Con Marini, soprattutto. Insomma, mancava il lavoro di squadra e di questo ne risentiva anche il territorio”.
Lei parlò di questo con qualcuno?
“Sì. Ricordo che incontrai Marini a Tobia nell’agosto 2010 e gli manifestai il mio disagio. Gli dissi che così non si lavorava bene. Ma lui si lavò le mani. Anzi, continuarono gli sgambetti, soprattutto a livello amministrativo e sulle proposte di legge. E le mie rimostranze andarono sempre a vuoto”.
Poi entra in scena Paolo Gianlorenzo…
“Sì, soprattutto quando cominciò la fase pre-congressuale”.
Ci fu un motivo scatenante?
“No, lui cominciò ad attaccarmi e basta. Senza che io ci avessi mai parlato. Poi, a settembre di quell’anno, mi arrivò quel famoso sms dal sapore ricattatorio. Non ci pensai due volte perché non avevo alcuna intenzione di essere ricattato. Chiamai il colonnello dei carabinieri e lui raccolse in un esposto quello che gli raccontai”
Nel frattempo Angela Birindelli aveva elargito a Gianlorenzo i famosi 18 mila euro…
“Lo seppi incidentalmente. Ma in un primo momento non collegai i fatti. Poi, quando vidi che la campagna si faceva sempre più pressante, capii”.
E cosa fece?
“Ricordo che ci fu un incontro del partito a Orvieto e a margine si parlò dei problemi viterbesi. In quell’occasione chiesi a Giulio Marini se non fosse il caso di far dimettere Angela Birindelli. Ma non accadde proprio un bel nulla”.
E Renata Polverini sapeva?
“Misi al corrente anche lei. Poi ci fu un brutto episodio che bloccò la legge sulla tracciabilità per diverse sedute. Io l’avevo fatta approvare in commissione agricoltura, ma la Birindelli presentò alcuni emendamenti all’insaputa di tutti, facendo incazzare i consiglieri di maggioranza e opposizione. Ma anche quella volta non accadde nulla”.
E arriviamo alla vicenda Fiorito.
“Già. Il 24 luglio 2012 divento capogruppo del Pdl in Regione. E mi trovo subito di fronte a una situazione contabile imbarazzante. Cerco di contattare Fiorito, ma da lui non arrivano risposte. A quel punto incarico due tecnici di farmi una fotografia dello stato dell’arte alla data del mio insediamento. Scopro che c’è una situazione pesantissima e la sottopongo al gruppo”.
E a quel punto denuncia Fiorito?
“No, l’inchiesta su Fiorito è partita da una segnalazione di Unicredit alla Banca d’Italia. Io fui sentito dalla Procura di Roma come persona informata sui fatti quando l’inchiesta era già aperta. Nel frattempo avevo chiuso tutti i suoi conti correnti e ne avevo aperti di nuovi”.
Però nell’opinione pubblica quest’idea è passata…
“Certo. A qualcuno faceva comodo farmi passare come l’uomo che denuncia alle Procure con l’obiettivo di screditarmi, visto anche il momento che stavamo vivendo. Ma io sono convinto di quello che ho fatto e oggi lo rifarei. E’ vero, ho dato un contributo notevole allo svolgimento delle indagini. Anche per non mandarci di mezzo gli altri colleghi del consiglio regionale. Se non mi fossi comportato in quel modo a quest’ora sarebbero stati tutti coinvolti nelle indagini. Io penso che se uno scopre qualcosa che non va, deve trovare coraggio di dirlo”.
Lei all’epoca ebbe anche incontri con Berlusconi.
“Due. E furono entrambi molto cordiali. Lui approvò la mia condotta. Quello più drammatico fu il secondo, quando Renata Polverini pose come condizione per rimanere le mie dimissioni da capogruppo. Mi disse che la mia vicenda assomigliava un po’ alla sua, che aveva dovuto lasciare palazzo Chigi per il bene dell’Italia”.
Però lei è passato come quello che ha provocato la caduta della Regione…
“Guardiamo i fatti. Quando scoppiò l’inchiesta Franco Fiorito fu il primo a farsi intervistare da giornali e televisioni. Fu lui a provocare il caos mediatico”.
E quando si sono guastati i rapporti con Marini?
“Quando ho cominciato a leggere le carte dell’inchiesta su Angela Birindelli. I suoi frequenti e costanti contatti con l’ex assessore dimostrano che tra loro c’era un’intesa perfetta. E la cosa che mi fa più specie è che lui, come coordinatore del partito, alla fine non ha avuto nemmeno il coraggio di chiedermi scusa”.
Però il danno c’è stato…
“Certo che c’è stato. E oggi, per fortuna, è sotto gli occhi di tutti. Ma Marini non si è assunto nessuna responsabilità politica. Pensi che in questi giorni si è limitato a diffondere due comunicati: una sulla volata finale della Provincia e uno su palazzo dei Priori. Come se nulla fosse accaduto”.
Ma il partito a Viterbo esiste ancora?
“Non lo so. Il coordinamento provinciale non si riunisce da due anni e tutto è lasciato alle iniziative personali. Nessuno, ad esempio, ha fatto un’analisi sulla sconfitta alle comunali”.
A proposito di comunali: s’era anche parlato di una sua candidatura…
“Io avevo dato la disponibilità, che si è scontrata con la volontà di Marini di ricandidarsi a tutti i costi. E questo purtroppo avviene quando si concentrano troppe cariche in una sola persona. Pensi che a un certo punto Marini faceva il deputato, il sindaco, il coordinatore del partito aViterbo, il commissario straordinario a Civitavecchia e il consigliere particolare dell’assessore regionale”.
Quindi, non s’è fatto nulla.
“No, anche se in tanti pensavano che era meglio cambiare candidatura. Oltre alla mia, c’era anche quella di Giammaria Santucci, che non avrebbe fatto uscire neanche Chiara Frontini. Al primo turno, facendo un conto matematico, avremmo avuto 10 punti di percentuale in più e al ballottaggio ce la saremmo potuta giocare. Anche Meroi, insieme a me, glielo ha ripetuto più volte, ma lui non ha voluto sentire ragioni”.
E da domani?
“Si continua a fare politica. Ma sarò molto più riflessivo e soprattutto più attento nella scelta degli amici”.
Berlusconi vuole fare Forza Italia 2.0…
“Vedremo che tipo di progetto sarà. Ma a Viterbo va cambiata la classe dirigente. Da parte mia, prima di mettermi al tavolo con questi personaggi locali ci devo riflettere molto: hanno causato solo caos”.
Soldi (nostri) per “redazionali” al sito di the big but stinky e alla defunta testa dell’attuale direttore della “Pravda” viterbicola. Soldi (sempre nostri) alla trasmissione radiofonica “I funamboli” per compiacenti interviste e markette varie. Soldi (ancora una volta nostri) per cenette al “Pepe Nero” di Capodimonte (il proprietario, guarda un po’, è di Proceno), ad associazioni, società, eccetera. Proprio un bravo ragazzo, con i soldi nostri, Battistoni Magno da Proceno. Ce ne fossero diecimila di bravi ragazzi così, finiremo peggio della Grecia.