Nell’ufficio di Paolo Gianlorenzo. Ad ascoltare ciò che ha da dire dopo la chiusura delle indagini sulla “Macchina del fango” (complimenti per la fantasia). Ad ascoltare la sua versione dei fatti dopo che, negli ultimi giorni, è finito sulle prime pagine manco fosse Mario Balotelli. E per roba brutta, le accuse di estorsione, corruzione, diffamazione a mezzo stampa e altri reati minori, in un’inchiesta che vede tra gli altri indagati l’ex assessora regionale Angela Birindelli, l’ex sindaco Giulio Marini, l’imprenditore Giuseppe Fiaschetti e vari funzionari e impiegati pubblici. Premettendo, naturalmente, che i processi di solito si fanno in tribunale. Comunque, lui respinge tutte le accuse e tenta di dare un’immagine di sé completamente diversa da quella disegnata dagli investigatori. Una specie di Gianlorenzo non certo nuovo, ma magari lavato con Perlana.
“Dal punto di vista giornalistico ma anche legale – attacca Gianlorenzo – ci sono fior di sentenze della Cassazione e della Corte europea che tutelano le fonti riservate dei cronisti. In questo caso, nel mio caso, le fonti invece non solo sono state rivelate, ma sono anche finite indagate. Così a Viterbo è morta la libertà di stampa”.
Obiezione: certe sue fonti erano o pubblici ufficiali o dipendenti pubblici.
“Va comunque dimostrato tutto. E sono sicuro che dimostreranno che il loro ruolo in questa vicenda è stato strumentalizzato e amplificato”.
E con l’alto ufficiale dei carabinieri che, secondo l’accusa, le forniva le dritte giuste?
“Innanzitutto, come ottengo le notizie, in modo lecito, sono affari miei, professionali. Il problema è che quelle conversazioni sono state travisate. Erano chiacchierate personali, tra amici, di cose private. Ma ci tengo a dire che per l’Arma, della quale ho fatto fieramente parte, nutro sempre il massimo rispetto e il massimo affetto”.
Passiamo all’ex assessora Birindelli. Quando cominciano i suoi rapporti personali con lei?
“Quando è diventata assessora. Perché? Perché lei era l’espressione della governatrice Polverini, di Giulio Marini. Vale a dire anche della mia area politica di riferimento”.
Non per fare la lenzioncina, ma il giornalista dovrebbe anche essere libero
“D’accordo, ma non posso dire certo di essere di sinistra”.
E quei 18 mila euro di finanziamento dalla Regione al giornale che lei dirigeva, l’Opinione?
“Intanto erano 15 mila più iva. E poi era un contributo che serviva per mandare avanti la cooperativa che aveva il giornale. Servivano per i contributi e una parte degli stipendi di tutti e 28 i soci. Un attimo, che le faccio vedere le carte. (Gianlorenzo tira fuori una cartellina e mostra i verbali d’assemblea del 1 novembre 2011). Ecco, queste sono le carte. La Procura le ha acquisite ma non credo che le abbiano lette. Anche perché i 15 mila euro della delibera andavano divisi tra tutti i 28 soci. Sa quanto fa 15 mila diviso 28? 535 euro a cranio. E io mi sarei venduto per 535 euro alla Birindelli?”
Non esiste la controprova, visto che la delibera incriminata è stata bloccata.
“E infatti il giornale ha chiuso e la cooperativa è fallita”.
E’ vero, come scrivono gli inquirenti, che lei avrebbe ottenuto dall’onorevole Sposetti le carte sull’inchiesta Lusi per poi girarle a “Il Giornale” di Berlusconi?
“Non ci sono notizie di reato in proposito, quindi non ho niente da dire, se non che gli incontri con Sposetti erano tutti di carattere personale”.
Quindi ha incontrato Sposetti?
“Sì”.
Si è fatto un’idea del perché è tornato agli onori (si fa per dire) della cronaca, proprio in questi giorni?
“Faccio solo notare che l’avviso di conclusione indagini è stato firmato appena 10 minuti dopo che erano usciti i rinvii a giudizio dell’inchiesta Asl. Dal giorno dopo si è dimenticata la faccenda Asl e si è parlato solo della presunta Macchina del fango”.
E Piero Camilli?
“Ho detto cose pesanti, in riunione di redazione. Ma avevo appena saputo dall’editore che i fondi per il giornale erano stati tagliati del 70 per cento proprio perché, così mi aveva detto l’editore, era saltato un accordo tra lui e Camilli. Ho sbagliato, ma sfido chiunque a trovare un articolo sul giornale e sul sito contro lo stesso Camilli”.
Ultima domanda: sono uscite cose molto indelicate, e anche molto private, almeno su certi media, non tutti. Come la vede?
“Si sono abbassati anche a tirare fuori cose che non c’entravano nulla e non erano certi reati. Sto pensando se denuciare, so che altri lo hanno già fatto”.
La storia, e la giustizia, giudicheranno.
Ha ragione da vendere Gianlorenzo quando afferma che gli organi di informazione locale hanno utilizzato la vicenda della presunta “macchina del fango” per oscurare lo scandalo, ben più grave, della ASL a guida Aloisio-Paoloni. Non sarà perché questi due figuri sono organici a un certo onorevole (con la “o” rigorosamente minuscola) Peppe Bucia, ovvero un politicante che, oltre ad avere una risaputa influenza sulle faccende locali, è azionista di una quota del Partito Democratico (20-30 deputati, se non andiamo errati)? Non gli è sembrato vero, ai pennivendoli cuor di leone locali (the big but stinky journalist, tanto per cambiare, in testa), gettarsi su Gianlorenzo e coprire le malversazioni della ASL…