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I cattivi pensieri sul caso Gianlorenzo

Paolo Gianlorenzo... molto vicino ai carabinieri

Paolo Gianlorenzo… molto vicino ai carabinieri

Basterebbe prendere spunto da Martin Luther King per capire che “la mia libertà finisce dove comincia la vostra” . Giacché in questi ultimi giorni a Viterbo si è molto parlato di libertà, e in particolare di libertà di stampa. Anzi, a parlarne è stato Paolo Gianlorenzo, giornalista dai modi di fare molto originali (vogliamo definirli così?) che adesso si ritrova indagato per una serie di reati piuttosto pesanti  dal momento che, secondo le accuse che gli sono state rivolte dalla procura di Viterbo, “aveva la capacità di sfruttare a proprio vantaggio le conoscenze e le amicizie che vantava, sia in ambito politico che tra le forze dell’ordine”.

Ora, se diciamo che la libertà di stampa è sacra perché sancita dalla stessa Costituzione, affermiamo una cosa ovvia. Il problema però, è capire che uso debbano farne i giornalisti e per quale scopo. Usare un organo di stampa per diffamare costantemente qualcuno in quanto considerato avversario politico; oppure per denigrare qualcun altro che ha preso decisioni non condivise dal giornalista in questione; oppure ancora, celebrare e incensare qualcun altro in cambio di elargizioni di denaro o di un posto di lavoro da regalare a qualche parente stretto, con la libertà di stampa ha poco a che vedere. Ed è di questo che è accusato Paolo Gianlorenzo, non di altro. Poi, come afferma il pedissequo commentatore di Viterbopost Giorgio Molino (che a Gianlorenzo somiglia moltissimo), un processo dirà se queste ipotesi di reato sono concrete o meno. E solo allora, ferma restando al momento la presunzione d’innocenza, si potrà dare un giudizio definitivo sulla vicenda.

Nel frattempo però, qualche riflessione sul clima che si è respirato in questi ultimi anni nel capoluogo va fatta. Giacché, alle innumerevoli inchieste giudiziarie che hanno riguardato la pubblica amministrazione, s’è accompagnato un clima di veleni e di caccia all’untore che è andato molto al di là del semplice dovere di informare.

Gianlorenzo non si offenda, ma l’uomo – cui evidentemente piaceva molto essere protagonista della vita politica (e giudiziaria) cittadina – appare oggi, più che il manovratore, il manovrato. Ovvero: stanti le innate capacità kamikazesche  del personaggio in questione, non è del tutto illogico ipotizzare che di volta in volta sia stato utilizzato per certi regolamenti di conti all’arma bianca. Il caso Birindelli-Battistoni del resto, ne è il più classico degli esempi, ma sarebbe sciocco fermarsi solo a quello.

Anche perché, in tutto questo marasma creato ad arte per avvelenare il clima politico viterbese, per stessa ammissione degli inquirenti, sono coinvolti pezzi delle forze dell’ordine. E qui il discorso si fa delicatissimo, proprio alla luce delle inchieste giudiziarie in corso.

Volendo infatti citare il famosissimo sillogismo aristotelico (se A è uguale a B e B è uguale a C, allora A è uguale a C) vien da pensare che se Gianlorenzo voleva distruggere i suoi nemici politici e contemporaneamente lo stesso aveva forti agganci con le forze dell’ordine, non è che a distruggere questi nemici le forze dell’ordine gli abbiano dato una mano? Un’illazione, un pensiero cattivo, una cosa che non sta né in cielo, né in terra. D’accordo, ma il dubbio viene proprio in base a quanto scritto dagli stessi investigatori.

E allora, conoscendo le doti di saggezza e di equilibrio del Procuratore capo Alberto Pazienti, sarebbe il caso che su questo punto si facesse estrema chiarezza. Anche perché, nei corridoi, si parla di certi trasferimenti  tra le forze dell’ordine avvenuti qualche tempo fa, non per normale avvicendamento.

Chi ha sbagliato paghi e sia fatta Giustizia. Ma si faccia in modo che la Giustizia appaia scevra da condizionamenti  veri o presunti, che potrebbero renderla meno credibile.

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27   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Caro Sassi,

    mi dispiace per lei, ma non sono né pedissequo né un nom de plume di Gianlorenzo (confronti lo stile e non le sarà difficile capirlo). Semplicemente trovo spropositato questo tiro al bersaglio che, seguendo un antico consiglio di Mao (marciare divisi e colpire uniti), alcuni organi di stampa locali, tra cui purtroppo il suo, stanno facendo nei confronti di Gianlorenzo. Un tiro al bersaglio forsennato, basato su accuse non ancora passate al vaglio dei tribunali (la cosiddetta presunzione d’innocenza, nel caso specifico, è poco più che una litania da recitare annoiati), che, non più tardi di qualche giorno fa, ha colpito anche un suo innocente collaboratore, che in un’intercettazione viene definito come uno che si compra facilmente con “una piadina e un grammo di cocaina”. La colpa di Gianlorenzo, in attesa che le varie accuse vengano dimostrate nei tre gradi di giudizio previsti, è una sola: aver messo il naso negli affari sporchi ma lucrosi della ASL dove gli uomini di Peppe Bucia facevano e, mutatis mutandis, fanno il bello e il cattivo tempo. Gianlorenzo ricattatore? Se fosse così sarebbe il ricattatore più fesso del mondo, visto che i suoi giornali hanno chiuso uno dopo l’altro i battenti e che non ha certo il tenore di vita di ben più scaltri giornalisti-affaristi che usavano esprimersi a voce bassa. In attesa di leggere una campagna a puntate sui giornalisti locali markettari coinvolti nell’affaire Fiorito-Battistoni (non si ricorda? Se vuole posso rinfrescare a tutti, improbabili moralisti compresi, la memoria), la saluto cordialmente.
    Giorgio Molino

  2. Arnaldo Sassi ha detto:

    Caro Molino (o chiunque lei sia), la presunzione d’innocenza deve valere per tutti: per Gianlorenzo, per Aloisio, per Battistoni e per quello che lei chiama Peppe Bucìa. Oltretutto gli ultimi due non sono accusati di nulla. Ma alla base di tutto c’è un altro ragionamento: i giornalisti dovrebbero informare su ciò che accade, non usare il giornale per lodare gli amici (che hanno sempre ragione) e massacrare i nemici. Quello che faceva Gianlorenzo era un altro lavoro. E gli atti dell’inchiesta che lo riguarda stanno lì a dimostrarlo. Saluti.

  3. Giorgio Molino ha detto:

    Certo che la presunzione d’innocenza vale per tutti, caro Sassi, ma non si capisce, o si capisce troppo bene, perché alcuni organi di stampa, compreso purtroppo il suo, diano tanto spazio alle carte dell’inchiesta su Gianlorenzo & Co e mettano al contrario la sordina a quelle dell’inchiesta sulla ASL che riguarda soprattutto il clan di Peppe Bucia. Se Gianlorenzo faceva, come lei afferma, un altro lavoro, credo che non fosse o sia l’unico a farlo. Ha presente la “Pravda” viterbicola di oggi, dove non si lesinano accuse, che per gli stessi magistrati non sono reati, a uomini vicini a Ugo Sposetti come Riccardo Valentini (che, tra parentesi, ci è poco o poco simpatico con la sua tronfia prosopopea da testa più lucida della regione Lazio) ed Emanno Barbieri? Siete tutti Gianlorenzo?

  4. Giorgio Molino ha detto:

    Per quanto riguarda Battistoni, aspettiamo, senza troppa ansia, la fine delle indagini sull’affaire Fiorito-Battistoni. Le carte dell’inchiesta sul tesoriere della Margherita Lusi immagino invece che le abbia lette. Peppe Bucia, come certamente saprà, vi è citato più volte per comportamenti che sicuramente non costituiscono reati ma che, altrettanto sicuramente, fanno parte di un certo e diffuso malcostume politico.

  5. Giorgio Molino ha detto:

    Non sia così apodittico, caro Sassi, non sottovaluti la “Pravda” viterbicola e l’ineffabile the big but stinky journalist, due autentiche industrie del fango.

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