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I carabinieri, nei secoli fedeli… a Gianlorenzo

Paolo Gianlorenzo

Paolo Gianlorenzo

“Chi la fa l’aspetti”. “Chi semina vento raccoglie tempesta”. Nel capoluogo non si parla d’altro: Paolo Gianlorenzo fa notizia. Stavolta, però, non nei panni del giornalista d’assalto (come tanto gli è sempre piaciuto autodefinirsi), ma dell’indagato per una lunga serie di reati che vanno dalla corruzione alla tentata concussione, passando per le minacce l’appropriazione indebita, il falso, la tentata estorsione e altro ancora. Ma andiamo oltre, perché leggendo l’informativa della polizia stradale firmata dal comandante  Federico Zaccaria e trasmessa il 28 marzo scorso al sostituto Massimiliano Siddi, ci si rende conto che in tutto questo pasticciaccio Vinitaly-Macchina del fango, la notizia vera non è più tanto il cronista di Zapponami, ma la fitta rete di informatori da lui tessuta ad arte nel corso degli anni. Una trama ingegnosa in cui sono caduti politici e forze dell’ordine. Ufficiali dell’Arma, persino. Un aspetto non di poco conto, tant’è che il modus operandi Gianlorenzo e quegli incontri un tantino azzardati sono riportati nero su bianco in un capitoletto a parte dell’informativa dal titolo: “Fatti evidenzianti la personalità dell’indagato Paolo Gianlorenzo”.

“Oltre alle vicende che rivestono carattere penale – scrivono gli investigatori della polizia giudiziaria – si ritiene doveroso evidenziare alcuni episodi che mettono in risalto la personalità dell’indagato e, in particolare, la capacità posseduta di sfruttare a proprio vantaggio le conoscenze/amicizie che vanta sia in ambito politico che tra le forze dell’ordine (con particolare riferimento all’Arma dei carabinieri della quale ha fatto parte)”. Tali contatti “vengono da lui utilizzati nel quotidiano esercizio lavorativo di direttore del giornale per attaccare mediaticamente tutti coloro che, in qualche maniera, sono da lui ritenuti personaggi scomodi o invisi”. O anche semplicemente “al fine di favorire o danneggiare ‘su richiesta’ il politico o il manager di turno”. Ad avvalorare tale tesi, gli uomini del vice questore Zaccaria riportano tutta una serie di episodi (significativi altroché). Come quello inerente l’arcinota faccenda Asl. “Gianlorenzo al fine di raggiunge l’obiettivo non esita ad avanzare richieste illecite e pressioni su varie persone allo scopo di reperire informazioni. Alcune delle quali – scrivono alla caserma di via Palmanova – si ritiene provengano proprio da ambienti legati alle forze dell’ordine ed in particolare all’Arma dei carabinieri. Tale ipotesi investigativa è formulata alla luce dei rapporti di amicizia/frequentazione che l’indagato ha con un ufficiale in forze al Comando provinciale (nell’informativa ovviamente il nome compare a chiare lettere ma, non essendo indagato, evitiamo di riportarlo, ndr)”.

“I due commentano in maniera ironica le iniziative intraprese dagli uffici della procura di Viterbo in merito all’indagine sulla Asl”. A tal proposito viene riportata la telefonata del 14 febbraio 2012. Ore 19,45. “Nel corso della conversazione l’ufficiale si complimenta con Gianlorenzo per aver avuto il coraggio di riportare i nomi sull’articolo di giornale da lui scritto, ironizzando sul conto del gip Fanti, paragonandolo all’ex ministro Scajola (quello che si è ritrovato proprietario di una casa con vista Colosseo a sua insaputa, ndr)”.

I verbalizzanti riferiscono di altre telefonate intercorse tra il carabiniere con le stellette e Gianlorenzo, nonché di un incontro avvenuto il 13 febbraio 2013, alle 18 e 35, durante il quale il giornalista sarebbe stato informato che il gip Fanti aveva respinto la richieste di arresto nei confronti dell’ex direttore generale della Asl Giuseppe Aloisio, del suo consulente Mauro Paoloni e di Fabio e Roberto Angelucci, proprietari della clinica Nuova Santa Teresa di Viterbo e della casa di cura di Nepi (tutti recentemente rinviati a giudizio per una raffica di gravissimi reati). “Alle 19,11 – si legge nell’informativa – Gianlorenzo, dopo l’incontro con l’ufficiale, chiama la redazione del giornale e detta la locandina del giorno dopo, dicendo testualmente: ‘Il gip Fanti respinge gli arresti per Aloisio, Paoloni e Angelucci’. Si rappresenta – scrivono i verbalizzanti – che tale notizia risulta ancora non pubblica e che, all’epoca dei fatti, il fascicolo d’indagine relativo era ancora in fase istruttoria”.

carabinieriAncora. “Le circostanze sopra evidenziate – affermano gli agenti di polizia giudiziaria della Polstrada – non possono non far ipotizzare che la documentazione relativa al rigetto delle ordinanze di custodia cautelare pertinenti la vicenda Asl siano state acquisite da Gianlorenzo presso il comando provinciale dei carabinieri, che ha condotto l’indagine, quindi verosimilmente unico organo di polizia in grado di entrare in possesso di tale documentazione”’.

Per gli investigatori, infine, “i frequenti incontri documentati dalle telefonate intercettate tra Gianlorenzo e l’ufficiale dimostrano un consolidato rapporto di amicizia e confidenza. Infatti il 21 marzo 2012 alle ore 19,01, all’indomani delle perquisizioni effettuate presso l’abitazione del giornalista e la redazione del quotidiano ‘L’Opinione’, Gianlorenzo chiama l’ufficiale per commentare l’operazione di polizia giudiziaria: nello specifico – scrivono i verbalizzanti – si evidenzia quanto testualmente detto in modo irriverente dal carabiniere nei confronti degli operatori che avevano partecipato all’operazione. ‘… Volevo sapere se eri ancora a piede libero… Se ti fai arrestare dalla polizia veramente guarda non ti rivolgo più la parola…’. A tal proposito – prosegue l’informativa – si sottolinea che l’ufficiale, in sede di Sit (sommarie informazioni testimoniali, ndr) commentava la telefonata affermando che le sue esternazioni erano frutto di stupore in quanto non pensava che la polizia stradale potesse effettuare attività di polizia giudiziaria e che non era sua intenzione deridere la specialità verso la quale a suo dire ha sempre nutrito profondo rispetto”.

E poi, sempre nell’ambito dell’informativa, c’è il paragrafo Selvaggini. “Allo scopo di entrare in possesso della documentazione sulla Asl, Gianlorenzo contatta altre persone, tra cui Ferdinando Selvaggini, indagato nell’ambito dello stesso procedimento penale”. Nel corso delle telefonate intercorse, i due tirano in ballo (per millanteria?) un maresciallo dei carabinieri in forze al comando provinciale. “In alcune telefonate si cita il maresciallo (stesso discorso dell’ufficiale: sull’informativa il nome compare ma non lo riportiamo perché non risulta iscritto sul registro delle informazioni di reato, ndr) al quale sia Gianlorenzo sia Selvaggini si rivolgono per acquisire documentazione”. Il giornalista, inoltre, “a seguito dell’incontro avuto con l’ufficiale il 13 febbraio 2012 chiama Selvaggini rassicurandolo di aver parlato con quella persona e di aver ricevuto rassicurazioni per una copertura totale”.

Nota a margine, tanto per chiarire. Evidentemente quanto sopra esposto non ha rilevanza penale, visto che l’unico indagato è e rimane Paolo Gianlorenzo. E, seppur  non si dovrebbe sventolare ai quattro venti per motivi deontologici e di opportunità, è anche risaputo che giornalisti e forze dell’ordine intrattengano spesso rapporti confidenziali. Le fonti sono sempre le autorità, per forza di cose. Ma c’è un punto (interrogativo): chi stabilisce il confine tra ciò che è legittimo da ciò che invece non lo è?

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322   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    In mancanza di una legge o di un codice deontologico, nel nostro caso sarà un processo a stabilire ciò che è legittimo nei rapporti stampa-forze dell’ordine. Altrimenti di cosa stiamo parlando?

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