El Dorato ha scoperchiato il vaso di Pandora. L’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria non ha solo portato agli arresti di 22 persone, di cui sei nel Viterbese (i due fratelli Corso originari di Canepina e i reggini trapiantati a Graffignano, ovvero Filippo, Giuseppe e Raffaele Nucera, e Roberto Raso, 41 anni di Mazzano Romano) per associazione a delinquere di stampo mafioso, riciclaggio di denaro sporco e altri reati. Ha soprattutto portato alla luce un substrato in odor di malavita che sembra aver ormai inquinato i gangli del tessuto economico locale. Un insinuarsi che è avvenuto sotto gli occhi di tutti, perché tanto “Viterbo è una città tranquilla”, figuriamo i paesini di provincia.
Una situazione che non ha lasciato indifferenti il consigliere regionale Riccardo Valentini e Miranda Perinelli, la segretaria della Cgil che in più occasioni, sempre inascoltata, di allarmi ne ha lanciati parecchi. “Se gli elementi emersi dovessero essere confermati, rischiamo di dover parlare non solo di infiltrazione ma addirittura di consolidamento della ‘ndrangheta nella Tuscia. E’ necessario – dichiara Valentini – aprire subito un dibattito all’interno del consiglio regionale per affrontare una situazione urgente e pericolosa per l’economia e la società Viterbese. Una situazione pericolosa per tutti”. Il consigliere chiede un intervento ad ampio spettro. “E’ ora di affrontare concretamente e pubblicamente il problema prima che – ripete – sia troppo tardi. E dobbiamo coinvolgere tutti gli attori in campo, dalle forze dell’ordine alle istituzioni fino ai mondi dell’associazionismo, dei sindacati e delle organizzazioni professionali e di categoria. Ormai e’ un dato di fatto la presenza delle organizzazioni criminali sul territorio laziale”.
Parole, quelle di Valentini, che suonano armoniche alle orecchie del segretario Cgil, la quale chiede però di andare oltre: “Occorre – dice Perinelli – un osservatorio permanente che metta in sinergia quei soggetti a cui il consigliere faceva riferimento, ovvero forze dell’ordine, direzione antimafia, associazioni, forze sociali, perché sono convinta che le mafie, con una azione congiunta, si possono sconfiggere”. Non basta, però, la repressione. “E’ necessario – continua – promuovere una cultura contro le mafie e l’illegalità, che guarda agli amministratori locali, dando loro anche i mezzi e le conoscenze per evitare che magari, attraverso un appalto o un sub- appalto possano entrare in un territorio per poi impiantarsi ed espandersi”.
Denunce che la Cgil avanza da anni. “Siamo di fronte – ricorda – a un grave pericolo che si insinua sempre più prepotentemente nell’economia della nostra regione e nella provincia di Viterbo, ma sembra che ci accorga nel momento che compare la notizia di arresti o altro sulle pagine dei quotidiani, per poi tornare tutto nel dimenticatoio. Questa grave crisi economica per altro è la leva principale per inserirsi nel tessuto economico, provocando dei guasti infiniti e una economia malata”.