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Quei graffiti sugli atti sessuali

Un particolare della tomba dei Templari

Un particolare della tomba dei Templari

Un volume (Graffiti templari. Scritture e simboli in una tomba etrusca di Tarquinia, Ed Viella, pp. 305, 35 euro, a cura di Carlo Tedeschi) alza il velo sul mistero di una tomba etrusca dipinta della necropoli Monterozzi di Tarquinia, utilizzata, circa gli inizi del XIII secolo, per compiere atti sessuali e giuramenti, ascrivibili a individui probabilmente appartenenti all’Ordine del Tempio, in una parola i Templari.

Ma procediamo con ordine. Tra le oltre 5.000 tombe a camera, scoperte e fotografate negli anni ‘50/’60 del secolo scorso a Tarquinia dalla Fondazione Lerici grazie a prospezioni geofisiche, si rinvenne una tomba – che fu intitolata a Renato Bartoccini, soprintendente dell’epoca  – databile circa 530-520 a.C., articolata su quattro vani a croce, con soffitti spioventi a capanna.

Nella stanza centrale, ecco i dipinti: tre figure maschili distese sui letti e due femminili sedute su scranni, il tutto impresso nella parte superiore della parete decorata a quadri rossi e bianchi.  “Possono essere ascritti – spiega Maria Cataldi, dirigente della soprintendenza archeologica all’Etruria meridionale – alla cultura artistica greco orientale, oltre che per gli stilemi, anche perché nel banchetto etrusco l’ uomo e la donna erano sdraiati insieme; va rilevato che i decoratori, come per molte altre tombe, sono gli stessi dei vasi coevi”.

La Tomba Bartoccini è stata sottoposta a restauro integrale nel 2004, grazie al quale sono venuti alla luce con grande evidenza diversi graffiti, decifrati, dopo un lungo lavoro durato fino al 2009, da Carlo Tedeschi, docente di Paleografia latina dell’Università di Chieti-Pescara.

Di che si tratta? Di parole e disegni, databili ai primi trenta anni del XII secolo. “I  graffiti – ha spiegato Tedeschi in sede di presentazione del volume alla Fondazione Carivit –  ricordano lo svolgimento di riti che prevedono il compimento di atti sessuali in un’ottica religiosa, forse di iniziazione”. In effetti, insieme alle scritte profane in volgare che rimandano sempre troppi giri di parole al “fottere” (fuetere), ecco vari segni di esplicita valenza simbolico-religiosa, quali croci, stelle a cinque punte, il tau, la cornucopia, nonché il monogramma “OTEM”(“Ordinis Templi”).

Non solo. In latino, è stato vergata l’informazione forse più importante:  “questa grotta è del frate Giovanni, maestro”. Giovanni chi? Gli studiosi tendono a identificarlo con l’omonimo templare “magister Romae, Tusciae et Sardiniae” attestato dalle fonti negli anni 1218-1222. Un’altra iscrizione, infine, è quella di un tale Vincenzo che effettua nella grotta un giuramento (iurare) di segretezza o di appartenenza all’Ordine dei Templari.

Hanno atteso al volume Maria Cataldi (Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale), Gaetano Curzi (Università di Chieti-Pescara), Vittorio Formentin (Università di Udine), Marina Micozzi (Università della Tuscia, Viterbo), Roberto Paciocco (Università di Chieti-Pescara), Giuliano Romalli (Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Venezia, Belluno,Padova e Treviso), e il curatore Carlo Tedeschi dell’Università di Chieti-Pescara, specialisti di diversa estrazione che, grazie a eccellente un lavoro interdisciplinare, hanno cominciato squarciato il velo sui misteri di una delle più importanti tombe di Tarquinia.

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