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Sono quattordici: ma quanti sono competenti?

Palazzo dei PrioriSono quattordici. E sicuramente tutti intrisi di grande passione. E di amore. Per Viterbo e per i viterbesi. Tutti vogliosi di cambiare le cose in una città dove nulla cambia. Tutti sicuri di avere la ricetta giusta per far splendere il sole a piazza del Plebiscito anche alle due di notte.

In questi giorni di campagna elettorale se ne sentono un po’ di tutti i colori e ognuno dei competitor tenta di inventarsi quel qualcosa in più per attrarre l’attenzione del cittadino elettore alla ricerca disperata di quella crocetta che si chiama voto. Così, c’è chi afferma che si può cambiare senza cambiare, oppure chi annuncia che l’impresa è possibile. Ma c’è anche chi si vanta di essere colui che parla alla gente, oppure quello che ama Viterbo come la sua famiglia. Chi decide di abbracciare le mura civiche e chi rivendica di essere fuori dai partiti dopo esserne stata perfettamente funzionale come assessora. Insomma, di tutto di più, giacché quello scranno di palazzo dei Priori fa davvero gola.

Ma la realtà, come sempre, è un po’ diversa. E mai come questa volta la scelta dei viterbesi dovrà essere molto ponderata, poiché poi avrà conseguenze almeno per i prossimi cinque anni. Il periodo di crisi economica e la contingente scarsità di risorse, destinata a prolungarsi nel tempo, impongono infatti che a capo della futura struttura comunale ci sia una persona estremamente pragmatica, abile a far di conto e a districarsi nei meandri – spesso magmatici – della pubblica amministrazione. Una persona che abbia idee e fantasia per potersi inventare quello che oggi non esiste (in primis: il lavoro), ma che nello stesso tempo sappia stare con i piedi per terra senza creare pie illusioni (ogni riferimento all’ormai defunto aeroporto è puramente voluto), destinate inevitabilmente a naufragare. Insomma, serve soprattutto l’esperienza. Il sapere dove mettere le mani. Per tentare di risalire quella china che nell’ultimo decennio ha portato palazzo dei Priori sull’orlo del baratro, grazie soprattutto a un’allegra gestione delle società partecipate che hanno provocato una vera e propria voragine di debiti.

Quelli di una certa età ricorderanno sicuramente le elezioni dei primi anni Novanta, all’insegna del nuovo che avanza. Gli esponenti della vecchia Dc, che avevano governato Viterbo dal dopoguerra in poi, furono spazzati via. E sembrava che da quel momento in poi tutto dovesse cambiare, in meglio ovviamente. E invece? Non solo non è cambiato niente, ma il cosiddetto “nuovo che avanza” non è stato in grado neanche di portare a compimento ciò che i maledetti democristiani avevano messo in cantiere: dalle terme al centro agroalimentare, al centro fieristico. E così via. Si è andati avanti a lottizzazioni (sempre più invasive) e soprattutto a piani integrati. Perché non c’è mai stata la volontà di pensare, e quindi di ipotizzare, uno sviluppo alternativo, che oggi – vista la situazione – è diventato obbligatorio.

Ergo, la passione e la buona volontà non bastano. Ci vuole qualcosa in più. E quel qualcosa si chiama competenza. Ora, le domande sono: quanti di quei 14 candidati che vogliono fare il sindaco ce l’hanno? Quanti sanno come districarsi nel famoso Testo Unico per gli enti locali? Quanti hanno un progetto di città da sviluppare nel corso di una legislatura, senza affidarsi al giorno per giorno o ai venticelli della convenienza? Rispondete a queste domande e poi date pure il vostro voto. Vedrete che la rosa dei papabili si restringerà. E di molto.

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13   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Caro Sassi, non sia così pessimista! Forse non se n’è accorto, ma abbiamo un candidato che tutta Italia, ma che dico, tutto il mondo ci invidia! Come chi è? La domanda, ovviamente, è retorica: Filippo Rossi da Trieste, che diamine! Se lo ricorda quando voleva esportare la “sua” Caffeina Cultura (in buona parte finanziata con i soldi nostri) su e giù per l’italico stivale, accusando i viterbesi di provincialismo, di non adeguatezza ai suoi grandi sogni, eccetera, eccetera, e poi, chissà perché (lo sappiamo tutti, ma facciamo finta di non saperlo), è rimasto in questa triste landa provinciale e subculturale? Se amministrerà Viterbo come ha amministrato Caffeina Cultura, ovvero senza presentare uno straccio di rendicontazione e senza rendere pubbliche entrate e uscite, allora sì che Filippo Rossi da Trieste sarà un sindaco degno di figurare, prima o poi, negli annali. Quelli del Palazzo di Giustizia e di Mammagialla sicuramente.

  2. Giorgio Molino ha detto:

    Tanto più che il suo braccio destro Andrea Baffo da Marini (pronto a modificare, come da migliore tradizione venticinqueluglista, il blasone in Baffo da Rossi da Trieste) è già bell’e pronto nell’ufficio del sindaco uscente.

  3. Giorgio Molino ha detto:

    I candidati consiglieri e assessori filippini però eccellono per la loro arroganza e scarsa conoscenza di leggi e normative, come giustamente sottolinea Beniamino Mechelli (aprire per credere i link qui sotto):

    http://www.viterbonews24.it/news/spiegate-a-giacomo-barelli-che-esiste-ancora-la-libert%C3%A0-di-stampa_25911.htm

    http://www.viterbonews24.it/news/-%3Cfont-color=red%3Ecomunali%3C-font%3E—antoniozzi–ignora-che-%C3%A8-viet_25987.htm

  4. Giorgio Molino ha detto:

    Da notare il va (voce del verbo andare) con l’accento che campeggia nel post facebookiano del coltissimo Barelli…

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