I due fratelli Corso di Canepina li hanno arrestati lunedì mattina nell’ambito dell’operazione El Dorado, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Parliamo di Roberto (37 anni), all’anagrafe Alberto ma conosciuto in paese col soprannome di “Bolla” per via della pancia pronunciata, che ora vive a Caprarola insieme a moglie e figlia, e di Augusto (51 anni), residente invece a Vallerano. Il primo è indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso, il secondo sarebbe colpevole di riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita. Entrambi sono ora rinchiusi nel carcere di Mammagialla, insieme agli altri quattro arrestati nel Viterbese: Filippo Nucera, 72 anni, Giuseppe Nucera, 67 anni, e Raffaele Nucera, 50 anni, che vivevano a Graffignano e con loro manette anche per Roberto Raso, 41 anni di Mazzano Romano.
In soldoni, le accuse mosse dal pm reggino Nicola Gratteri (che hanno portato in carcere un totale di 22 persone tra centro e sud Italia) sono quelle di aver utilizzato sei ditte della Tuscia per ripulire il denaro sporco, ora tutte sequestrate. Si tratta della Ortofrutticola Cimina, della Trasporti Centro Italia, della Vitercalabra autotrasporti srl, della Nucera Trasporti srl, della Ortfruit Internazionale e della Cimina Immobiliare srl.
Il quadro che emerge dalle intercettazioni è quello di un sodalizio criminale bell’e rodato tra gli imprenditori viterbesi e le famiglie calabresi della Locale di Gallicianò. Secondo gli atti delle indagini preliminari, nell’aprile del 2009, i fratelli Corso, in forti difficoltà economiche, decisero di rivolgersi ai calabresi per avere un aiuto. Ne nacque un’amicizia forte e un patto, stando alle indagini, criminale. “Canepina sai che diventa, diventa una Gioia Tauro”, ha detto Domenico Nucera chiacchierando al telefono con Roberto corso nel febbraio di tre anni fa. E il canepinese gli risponde: “Prendere decisioni di chi deve vivere e di chi deve morire. Così mi piace, gente forte di polso”.
Canepina sbattuta in prima pagina come un paese dell’Aspromonte, però, non ci sta. E all’indomani del blitz il paese si difende e difende i propri concittadini (che, seppur vivano in centri limitrofi, è qui che lavorano e hanno gli amici). “Siamo sui Monti Cimini, mica su quelli della Sila. Qui siamo tutti lavoratori onesti, come i fratelli Corso”, dice un cliente del bar Il Pinolo, dove Roberto tutti i pomeriggi andava per bere una cosa. “Un ragazzo d’oro. Dovrebbe vederlo quanto è innamorato della figlia. E quanto è generoso: a un anziano indigente dà sempre qualche soldo”, dice la titolare, Antonella. E il marito Gino aggiunge: “Siamo rimasti stupiti leggendo i giornali. Non sono delinquenti, io li conosco”. Quel bar è frequentato anche da Domenico Nucera: “Un tipo riservato. Non ha mai dato fastidio a nessuno”, spiega Antonella. E Gino racconta: “Io quel Domenico a maneggiare migliaia di euro proprio non ce lo vedo. In diverse occasioni ho persino dovuto prestargli 20 o 30 euro per mettere la benzina. Poi, me li ha sempre ridati…”.
Al bar Ferri, poco distante, ci sono invece gli amici del fratello maggiore, Augusto. “Guardi, lui è il classico sempliciotto. Una persona ingenua, che non si arrabbiava mai”, dice un signore di mezza età. Conferma il gestore del locale: “Io sono incredulo, davvero. Lo conosco da una vita e non credo che le accuse siano vere. Secondo me c’è un errore”. Al vicino bar Il centrale, dopo tante parole a difesa, un signore però si lascia sfuggire: “Sa, i soldi facili possono portare a commettere cazzate”. Insomma, il quadro è quello dei bravi ragazzi ma, come in tutti i piccoli paesi, c’è qualcuno che insinua dubbi. In una carrozzeria della vecchia zona industriale un cliente dice: “Si vocifera avessero tanti debiti. Poi – racconta – di punto in bianco hanno fatto un capannone nuovo e giravano coi macchinoni. In paese, ci chiedevamo dove avessero trovato i soldi…”. Per la Dda di Reggio, i soldi glieli avrebbero dati gli ‘ndranghetisti.
Si conferma l’antico adagio “Canepina passa e cammina”.