Si è spento l’altra mattina Vittorio Galeotti, 92 anni, per vari lustri vice comandante della Polizia locale del capoluogo, dove è stato in forza dal 1947 al 1981. I funerali si sono svolti nella chiesa di Santa Maria della Grotticella.
Galeotti, un viterbese doc, non foss’altro perché nato nel cuore antico della città, in via San Pellegrino. Autodidatta, cultore di storia, di numismatica antica e moderna, è stato poeta dialettale tra i più effervescenti e ispirati, con una ricca produzione confluita in vari volumi, sia monografici che collettivi. Lo vogliano ricordare per la sua opera più famosa: il monumentale “Dizionario italiano-viterbese, viterbese-italiano”, (pp. 545, Edizioni Sette Città, euro 25), dettata insieme a Fiorenzo Nappo.
Nella prima parte del volume, dedicata all’italiano-viterbese, si va dalla “a” a “zuzzurellone”. Nella seconda parte, relativa al viterbese-italiano, si passa da “aah!” (esclamazione per esortare l’asino a muoversi per trainare il carro) a “zzordi” (soldi, secondo la pronuncia di Soriano nel Cimino e Vasanello). Tra i due estremi, migliaia di lemmi che rimandano al sapore e alla sostanza, non di un dialetto, ma di una vera e propria lingua, in gran parte scomparsa, recuperata, quantomeno sulla carta, grazie a un denso e accurato lavoro di compilazione che è costò ai due autori dieci anni di fatica.
Parole viterbesi. Per tutte, citiamo quella più famosa in uso (da quanti secoli?) nel capoluogo, come gojo. Tradotta con goliardo, bislacco, burlone, stravagante, dà origine a gojaria-gojeria (scemenza, stravaganza), gojarello (pazzerello), gojarone (buontempone, burlone) etc.
Migliaia di parole, ma anche di modi di dire: ‘n ghinghere è piattine (elogio di una persona molto elegante); dà à d’intenna (millantare credito, far credere); tirà là ch’è tutto piano (tipica espressione per indicare un sicuro procedere nella questione che interessa); ciò trovo Brega (cioè non ho trovato nessuno); bruttto ‘n c. (persona antipatica); picio freddo (persona flemmatica); gallo de la Checca (donnaiolo).
E’ giusto, anzi sacrosanto rimpiangere gli uomini di cultura vecchio stampo come Vittorio Galeotti. Soprattutto se paragonati a certi protervi e arroganti personaggi che della cultura hanno fatto il loro (abusivo) vessillo. Condoglianze alla famiglia Galeotti.