Ci risiamo. L’amministrazione provinciale ha infatti annunciato con enfasi che è entrato nel vivo il progetto realizzato dall’assessorato alla Formazione professionale denominato “Gioventù all’Opera II”, finanziato per il secondo anno consecutivo dall’Unione Province Italiane (Upi) all’interno del programma “Azione Province Giovani 2012”. “Quest’anno – annuncia la Provincia – i contenuti del progetto saranno arricchiti da interventi mirati anche alla valorizzazione della storia locale e al coinvolgimento di persone non udenti”.
Ma cos’è “Gioventù all’Opera”? Per palazzo Gentili il progetto vuole rispondere a esigenze occupazionali e a finalità di promozione territoriale. “Si tratta infatti – illustra una nota – di un intervento che verte sull’occupabilità nel mondo dello spettacolo e sullo sviluppo dell’autoimprenditorialità e della tradizione culturale enogastronomica locale, attraverso percorsi didattici incentrati sul consumo intelligente e sostenibile del vino, nonché sulla valorizzazione del patrimonio etrusco”.
Bene. E allora anche quest’anno venti giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni (con priorità per gli studenti residenti nel territorio regionale) verranno selezionati da professionisti del settore che ricercheranno quattordici strumentisti per orchestra e sei giovani specializzandi sulla promozione e conoscenza della cultura enogastronomica della Tuscia. Dopo le selezioni, i giovani musicisti verranno formati professionalmente per poi partecipare alle produzioni di concerti e di opere liriche all’interno dell’Italian Opera Festival che si terrà in California a giugno prossimo. “Contemporaneamente dice ancora la nota della Provincia – all’interno dello stesso evento verrà allestito l’“Italian village”, ovvero un villaggio esclusivo riservato alla Tuscia, in cui opereranno gli specializzandi in enogastronomia e dove verrà allestita la mostra Etruschi in Europa. La Provincia e il Tuscia OperaFestival allestiranno i propri spazi assieme a rappresentanze delle attività commerciali territoriali legate ad un percorso di testing of wine”.
Insomma, si replica. E già si stanno preparando le valigie per raggiungere Aliso Viejo, ridente (si dice così) cittadina della California che conta ben 47.823 abitanti (censimento del 2010) dove verrà apparecchiato l’intero ambaradan. Come si ricorderà, lo scorso anno non mancò qualche polemicuccia legata al pagamento di viaggio, vitto e alloggio dell’intero caravanserraglio al seguito (politici, amministratori e giornalisti compiacenti), anche se poi tutti smentirono affermando di aver pagato rigorosamente di tasca propria. Sicuramente sarà così, anche se al sottoscritto qualche piccolo dubbio resta, visto che nel 2011 lo stesso era stato invitato in California dagli organizzatori di Tuscia Operafestival (tutto pagato, ovviamente), ma la proposta fu cortesemente declinata.
Ma tant’è. Piuttosto, visto che la kermesse è finanziata coi soldi dei cittadini, l’assessore provinciale alla Formazione Paolo Bianchini dovrebbe rispondere a queste tre semplici domande, riferite al progetto già realizzato nel 2012.
Prima domanda: dopo la spedizione californiana, quanti turisti provenienti da quel territorio sono approdati nella Tuscia? Seconda domanda: quante bottiglie di vino e prodotti tipici in generale sono stati esportati e venduti ad Aliso Viejo e dintorni? Terza e ultima domanda: quanti dei giovani che hanno partecipato al progetto hanno trovato un posto di lavoro?
Si resta in attesa di un cortese cenno di risposta.
Credo che sparare nel mucchio non serva a molto. Una realtà come il Tuscia Operafestival non campa con il finanziamento della provincia e del comune perché fare una stagione con un’orchestra costa tremendamente di più dei contributi erogati. Credo anche che il saldo per il territorio è ampiamente positivo. Sono decine e decine gli americani che per l’indotto del Festival soggiornano l’estate a Viterbo portando una boccata di ossigeno. Per questo mi aspetterei un maggior rispetto nei confronti di chi nella vita si dedica alla musica e all’arte, perché credo che queste persone hanno scelto il loro mestiere per vocazione più che per tornaconto, viste tutte le difficoltà nel settore cultura. Non vorrei che passasse l’idea per la quale di “cultura non se magna” e se si mangia è solo ed esclusivamente per i soldi pubblici.
condivido il commento di Francesco.
e poi Aliso Viejo è più o meno parte del tessuto urbano di Los Angeles.