E così il Re dei ciarlatani ha estratto il suo coniglio dal cilindro. Niente più Imu sulla prima casa, anzi restituzione cash di quella sborsata lo scorso anno, abbattimento dei costi della politica col dimezzamento dei parlamentari e azzeramento del finanziamento pubblico ai partiti. Ce n’è abbastanza per solleticare il ventre di tutti quegli italiani che stentano ad arrivare alla fine del mese e che hanno bisogno di una qualsiasi speranza, come quella di fare sei al Superenalotto.
Non c’è che dire: il Caimano ha dimostrato ancora una volta di essere il più bravo in tema di comunicazione e di colpire nel segno. Poco importa che gli si potrebbe obiettare come l’Imu sia stata la diretta conseguenza dei disastri da lui creati nei conti dello Stato; che se – per rimborsare l’imposta – lui facesse l’accordo con la Svizzera tassando i capitali depositati dagli italiani, quest’ultimi farebbero molto presto a trasferirsi alle isole Caiman, o da qualche altra parte; che infine, tutti gli altri provvedimenti avrebbe potuto adottarli quando era al Governo, ma si è ben guardato dal farlo (ora, arrivare a scimmiottare addirittura Beppe Grillo per recuperare consensi appare solo patetico).
Ma il problema è un altro. E cioè, che di fronte a quella che tutti i media hanno definito una proposta choc (e sicuramente lo è) alla Vanna Marchi dei suoi migliori anni, ora i suoi competitors chissà cosa dovranno inventarsi per far prevalere sull’elettorato la ragione all’interesse spicciolo e illusorio. Il sobrio Monti e il compagno Bersani sono stati sicuramente messi all’angolo. E sicuramente, da oggi fino al 24 febbraio, saranno loro a dover rincorrere la lepre Berlusconi sull’agenda da lui dettata. Con un rischio, che appare sempre più probabile all’orizzonte: quello di un pareggio al Senato (che è il vero obiettivo del Berlusca) che costringerebbe alla formazione di una nuova maggioranza marmellata (come quella che ha sostenuto il Governo Monti), dove a imperare saranno i veti e i controveti. Con conseguenze facilmente immaginabili.
Ma, se così andasse, a mangiarsi i gomiti dovrebbe essere soprattutto il Pd. Che, convinto di avere ormai la partita in mano (ma il 2006 non ha insegnato nulla?), ha gettato alle ortiche la carta Matteo Renzi, preferendo far prevalere le logiche dettate dall’apparato del partito, con primarie caratterizzate dalla mobilitazione delle truppe cammellate per nominare il candidato predestinato. E non è finita. Perché i gomiti dovrà mangiarseli anche Pierfy Casini: un’alleanza pre-elettorale tra progressisti e moderati sarebbe stata vincente, mentre il disegno di essere – tramite Mario Monti – l’ago della bilancia con queste nuove prospettive potrebbe anche sfumare.
Ipotesi, illazioni, elucubrazioni mentali. Senz’altro. Perché in un Paese normale uno come Berlusconi, con tutti i suoi trascorsi, a quest’ora starebbe da un pezzo a casa sua. Ma siamo in Italia…