Quando Rodolfo Gigli, detto Nando, deve dichiarare una guerra sa come farlo. Con stile. Con quella sottigliezza che fa parte da sempre della sua cifra politica: zero urla, zero colpi di cannone, ma un lungo discorso pubblico, insieme lucidissimo e spietato, per rendere chiaro il concetto. Perciò, alla luce dell’incontro dell’altra sera al Pianeta Benessere, si hanno tutti gli elementi per ritenere che Gigli – e i suoi amici, la sua corrente – abbiano dato il via alle operazioni belliche. D’altronde, le scaramucce di confine con il resto del partito andavano avanti da tempo, anche se la rottura ufficiale, senza ritorno, la si è avuta proprio ieri, a ridosso delle elezioni politiche e regionali e con le amministrative all’orizzonte.
Guerra, si diceva. Con un primo effetto pratico dei bombardamenti: l’Udc verrà svuotata dalle tessere gigliane. E vedremo quanto ciò peserà alla fine di questa cura dimagrante forzata imposta dal Babbo, che già una volta – ormai diversi anni fa – attuò la stessa tattica anche nei confronti di Forza Italia.
Che si siano rotti gli indugi definitivamente lo fa capire subito l’ex segretario provinciale Alessandro Romoli, con la chiarezza dei suoi 28 anni: “Poco più di un anno fa, in questa stessa sala, fui eletto segretario all’unanimità di un partito che oggi è commissariato senza alcuna ragione”. Già, perché il commissariamento dell’ottobre scorso è uno dei punti chiave della vicenda. “Dobbiamo restare uniti e difendere i nostri valori – ammonisce Romoli – e questo non è stato possibile farlo nell’Udc, perché si è voluta sostituire un’intera classe dirigente, ripeto, senza motivo”.
Ergo, ecco lo sganciamento. Che il pigmalione Gigli sancisce in modo categorico: “Consideriamo chiusa l’esperienza con l’Udc. Le ragioni? Vanno cercate nel modo in cui si sta gestendo il partito, un partito ormai sempre più personalizzato e personale, senza democrazia né confronto interno. E quando si arriva a questo punto l’esperienza mi insegna che si va verso la morte del partito stesso”. Su chi sia incentrata la personalizzazione, Gigli non fa nomi, perché non ne ha bisogno: il pensiero però corre a Roma, a Pierferdinando Casini, mentre tra le tante sedie vuote della sala del Pianeta Benessere non è difficile immaginare il fantasma di Gianmaria Santucci, convitato di pietra per tutta la serata e magari alfiere del “personalizzatore” qui nella Tuscia.
Altre frecciate gigliane sparse, con medesimo bersaglio: “La buona politica è una moneta sempre più rara”. “Non siamo un gruppo di teatranti che ha bisogno per forza di un palcoscenico per esibirsi. Potevamo anche stare fermi un giro, ma in questa nuova battaglia abbiamo ritrovato vecchi amici da affiancare, come Candido Socciarelli” (applauso dalla platea). Ancora: “Abbiamo deciso di appoggiare Zingaretti in Regione, ma tutte le illazioni e le insinuazioni di accordi o inciuci sono assurde, e frutto di una mentalità provinciale e gretta”. “Sono oggi quello che ero ieri. Io non passo al nemico”. E poi, il gran finale: “Riterrò conclusa la mia esperienza politica quando avrò dato una speranza alla nuova classe dirigente, che è poi la generazione di Romoli”.
Insomma, Gigli e i suoi amici hanno concluso lo strappo e giocano ora su due tavoli: per Scelta civica di Monti alla Camera (appoggiando Federico Fauttilli, capolista Lazio due e vecchio collega in Regione di Nando e Socciarelli), pur considerandola una decisione “transitoria” in attesa di quel che sarà; e per Zingaretti – e il canepinese Panunzi, “unico viterbese che può essere eletto” – alla Pisana. Gli effetti pratici e numerici di questa svolta, e le conseguenze per l’Udc, saranno tutte da valutare nelle prossime settimane. Non cambiate canale.