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Aiuto! Mi si è liquefatto il Pdl viterbese

Pdl, per palazzo dei Priori sarà lotta all'ultimo sangue

Pdl, per palazzo dei Priori sarà lotta all’ultimo sangue

C’era una volta il Pdl viterbese. Un terminale di solidi legami romani dove ciascun ras locale aveva il proprio referente nella Capitale: i forzisti della prima ora (Marini, Battistoni e Arena) al primo problema compulsavano i cellulari per chiamare Antonio (Totone) Tajani; gli ex An post missini (da Meroi a Gabbianelli, passando per Allegrini) erano legati con un doppio filo ai vari Gasparri, Alemanno e Augello, i figli della nuova destra di lotta e di governo al primo grattacampo si facevano il viaggio della speranza – zona Garbatella – dalla pasionaria Meloni e dallo scaltro Rampelli. E così via.

Poi il giocattolo si è rotto. Sono iniziate le prime scissioni – iniziate con Storace, seguite con Fini e terminate, per ora, con Fratelli d’Italia – e tutte le varie correnti e spifferi hanno iniziato a pesare sempre di meno, di pari passo col peso elettorale della creatura berlusconiana. Giacché i big romani, nel frattempo, hanno dovuto iniziare a pensare al proprio tornaconto in bilico.

La divisione dell’atomo del centrodestra, tra scandali nazionali e crollo dei consensi (almeno secondo i sondaggi), sembra aver avuto un risultato chiaro anche alle pendici della Palanzana: la balcanizzazione del partito. L’uno contro l’altro armati: c’era una volta il Pdl. La cartina di tornasole è arrivata con quest’ultimo giro di giostra delle candidature per le regionali. Il collante che ha sempre retto le varie anime turbolenti del centrodestra viterbese è venuto meno. E così nei sottorranei della politica si sta registrando questo strano moto ondulatorio: chi può si candida, chi non ce l’ha fatta rema contro ed è pronto a sabotare. Sapendo che alla fine, con questo gioco da addetti ai livori, nessuno riuscirà, probabilmente, a centrare il seggio alla Pisana. Ma tant’è.

E allora ecco l’assessore Paolo Bianchini correre per Fratelli d’Italia, spinto dai malpancisti meroniani della Provincia; il giovin ex assessore Daniele Sabatini affannato ad arginare la fuoriuscita dei pidiellini delusi; Franco Simeone fomentato dietro le quinte da Francesco Battistoni; l’escluso Giovanni Arena, novello Rambo contro il “traditore” Giulio Marini. Ma perché, per dirla in bersanese, si stanno sbranando così? La risposta è semplice. E arriva sottovoce da un po’ tutti i protagonisti di questo Grand Guignol all’acquacotta: l’importante non è tanto vincere le regionali, bensì pesarsi per la corsa a palazzo dei Priori del prossimo maggio.

Sembra strano ma è proprio così. La madre di tutte le battaglie – per certi versi potrebbe essere un big bang – sarà proprio il voto del 26 e 27 maggio. In quell’occasione, c’è da scommetterci, i vari Bianchini, Sabatini, Simeone (Battistoni), Arena, Meroi e chi più ne ha più ne metta andranno a bussare alla porta di Marini, candidato in pectore intenzionato a bissare il successo di cinque anni fa, con il coltello e la calcolatrice tra i denti. E solo in quel momento inizierà il mercato dei ricatti: io ho preso 3.000 preferenze o fai un accordo con me o corro anche io, io ne ho 2.500 e non puoi far finta che non esista, attento di qua, attento di là, e via dicendo. A questo punto rimangono due domande: come si muoverà Giulio Marini stretto tra l’abbraccio mortale dei suoi ex sodali? E soprattutto: in questo caos poco calmo il centrosinistra riuscirà ad assestare l’uppercut per mandare al tappetto una classe dirigente che da quasi venti anni sa solo dividere e poco imperare? Ai poster (i) elettorali la prima sentenza.

 

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